di Mauro Seminara
Ieri sono stati trasferiti da Lampedusa 80 migranti, tutti superstiti del drammatico naufragio occorso il 23 novembre a poche centinaia di metri dalla costa dell’isola in località Cala Galera. Tra i trasferiti c’erano 76 uomini e 4 donne. Tra i superstiti invece c’è Helmi El Loumi, un migrante di nazionalità tunisina, di 22 anni, indiziato di responsabilità in omicidio plurimo colposo. A carico di El Loumi, come da accusa formale della Procura della Repubblica di Agrigento che ne ha disposto il fermo, oltre alla responsabilità per il naufragio ci sono il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed appunto l’omicidio colposo plurimo.
Le vittime accertate del naufragio sono 20, tante quanti i corpi recuperati da Guardia Costiera e Guardia di Finanza dopo giorni di incessante lavoro iniziato già al momento della tragedia. Soltanto i primi corpi, quelli individuati dalle squadre di ricerca nelle ore successive al naufragio
Per il gruppo di lavoro antimmigrazione della Procura di Agrigento, coordinato dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal procuratore aggiunto Alessandro Vella, lo stesso che ha ottenuto il provvedimento del giudice Elenia Manno operando l’azione investigativa con la Squadra Mobile di Agrigento, Helmi El Loumi non sarebbe l’unico indiziato e con questa disposizione di limitazione della libertà personale non si chiude l’indagine sul naufragio. La Procura di Agrigento sta infatti continuando “per la individuazione dei correi allo stato non ancora identificati”. Ma i suddetti “correi” potrebbero di fatto non essere semplici corresponsabili di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quindi del conseguente omicidio colposo plurimo del naufragio.
Nessuna informazione dalla Procura di Agrigento in merito, perché violerebbe il segreto istruttorio e concorrerebbe a pregiudicare il buon esito delle indagini. Tra le possibili responsabilità da vagliare rimangono però quelle per l’ipotesi di omissione di soccorso che si profilerebbe nel caso in cui la barca in evidente condizione di pericolo, dovuto al sovraccarico ed alla totale assenza di dotazione di sicurezza prevista dalla normativa internazionale, fosse stata avvistata e segnalata dai velivoli del dispositivo europeo Frontex o da altri testimoni e non ne sarebbe conseguita un immediata operazione di soccorso già al primo avvistamento. In tal caso, la corresponsabilità potrebbe essere da cercare su scala internazionale tra l’agenzia europea e le autorità marittime responsabili delle aree SAR italiana e maltese oltre che libica.