Pochi minuti dopo la pubblicazione dell’articolo “Terremoti nel beneventano, pericolo nel Tirreno e nell’Egeo“, un ulteriore forte scossa di terremoto ha colpito San Leucio nel Sannio. Questa volta con magnitudo pari a 3.9 gradi sulla Scala Richter. La scossa, più intensa delle precedenti, è stata registrata dai sismografi dell’INGV alle 11:36. Circa due ore dopo i primi terremoti, le cui magnitudo sono state riclassificate in 3.6 gradi la maggiore, alle 09:06, e 3.4 gradi quella delle 09:53. Anche dopo la scossa di 3.9 gradi si sono verificati sismi minori con intensità inferiore ai tre gradi. La provincia di Benevento ha resistito anche alla scossa più potente, senza danni a cose o persone, ma la situazione è tutt’altro che rassicurante con l’approssimarsi della sera. Risulta infatti al momento impossibile l’esercizio di previsione su possibili ulteriori scosse di terremoto con stesso epicentro. I sismi hanno avuto tutti profondità superficiale, con ipocentro della prima scossa a 17 chilometri e le successive calcolate dalla Sala Sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ad una media di 10 chilometri.
La sequenza sismica nel beneventano era stata preceduta da un non collegata scossa di terremoto a poche miglia da Amantea, in provincia di Cosenza, in mare e ad un profondità di 25 chilometri con una magnitudo di 2.4 gradi. Appena percepita dalla popolazione della cittadina rivierasca cosentina. Dopo il terremoto di 3.9 gradi a San Leucio nel Sannio, esattamente alle 14:36, un piccolo sisma di 2.4 gradi è stato rilevato a sudest di Ustica, l’isola vulcanica a nord di Palermo che occasionalmente lungo la sua dorsale sottomarina è epicentro di terremoti. L’epicentro è stato calcolato tra Ustica e Cefalù, in prossimità di un rilievo sottomarino sito a sudest di Ustica e, quasi in analoga distanza, a sudovest di Alicudi. Quest’ultima è l’isola più ad ovest dell’arcipelago vulcanico delle Eolie. Il terremoto nel Sannio è parte dell’attività sismica della dorsale appenninica che sembra in questo periodo fortemente attiva e che si era già manifestata con lo sciame sismico toscano che ha visto il suo apice in un terremoto di 4.5 gradi con epicentro a Scarperia e San Piero, in provincia di Firenze. Sarebbero quindi due, e di diversa origine, non necessariamente correlate, le pericolose attività geologiche che interessano l’Italia in questo periodo: una quella che interessa l’intero Appennino (vedi mappa di pericolosità sismica, in basso) – già esso frutto di collisione della crosta terrestre – e l’altra quella che riguarda l’area del Tirreno meridionale con i suoi vulcani attivi. Il coincidere dell’intensificarsi di tali diverse azioni non è certo rassicurante.