di Maria Leduisi
Nel precedente articolo di questa rubrica, la dottoressa Franca Regina Parizzi cita il concetto di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ponendo l’attenzione sul fatto che la “Salute non è dunque semplicemente assenza di malattia o disabilità, ma la percezione soggettiva dell’individuo di ‘stare bene’ con se stesso e con gli altri, nel proprio ambiente” e che “più realisticamente, dovremmo parlare di salute come raggiungimento da parte dell’individuo di un equilibrio, pur temporaneo, di una consapevolezza di stare bene compatibilmente con i fattori contingenti che condizionano la sua vita. Fattori che non riguardano solo lo stile di vita, l’assenza di malattia o infermità, ma anche – e in maniera determinante – la qualità dell’ambiente di vita, la serenità economica, le opportunità di integrazione sociale e lavorativa, l’accessibilità alle cure”.
Il concetto di salute include necessariamente quello della salute mentale. Nella dichiarazione di Helsinky del 2005 si legge infatti che “la salute mentale ed il benessere mentale sono fondamentali per la qualità della vita, la produttività degli individui, delle famiglie, delle comunità e delle nazioni. Conferiscono un senso alla nostra esistenza permettendoci di essere cittadini creativi e attivi” e ancora che “essendo la salute mentale una componente centrale del capitale umano, sociale ed economico delle nazioni, questa deve essere quindi considerata parte integrante essenziale di altri campi della politica pubblica, quali i diritti dell’assistenza sociale , l’educazione e l’occupazione”.
Negli ultimi decenni si sta assistendo ad una rapida crescita dei disturbi psichici, mentre risultano ancora inadeguate le risorse economiche destinate alla salute mentale: l’Atlante della Salute Mentale dell’OMS mostra come le risorse globali stanziate per le persone che soffrono di malattie mentali siano ancora insufficienti per affrontare l’aumento dei bisogni e siano distribuite in maniera disomogenea nel mondo. In Italia è destinato alla salute mentale solo il 3,5 % della spesa sanitaria complessiva, anche qui con grandi diseguaglianze tra le regioni.
Le persone con problemi di salute mentale come disturbi d’ansia, dell’umore, di personalità, dell’alimentazione, da uso di sostanze come alcol e droghe, disturbi psicotici, sperimentano sofferenza e diverse condizioni invalidanti che interessano la sfera cognitiva, emotiva e relazionale. È ormai opinione comune che bisogna favorire interventi rivolti alla “recovery”, dove la ripresa è intesa come un percorso che è volto all’attivazione di risorse che permettono alla persona di vivere in maniera piena la sua vita e di esercitare i propri diritti. Oltre ai trattamenti farmacologici e psicoterapici, le tecniche riabilitative come il rimedio cognitivo e i training sulle abilità sociali puntano al miglioramento della qualità della vita con risultati soddisfacenti.
Negli ultimi anni, ricerche ed evidenze cliniche dimostrano l’utilità dell’attività fisica come strategia preventiva e trattamento complementare o supplementare per la cura dei disturbi psichici. Lo sport ha ripercussioni su molteplici aspetti (cognitivi, emotivi, relazionali) ed è molto apprezzato socialmente per cui promuove l’inclusione sociale e concorre alla lotta allo stigma. Inoltre l’attività fisica e gli sport sono trattamenti a basso costo. Tuttavia le politiche e le pratiche che mettono in relazione salute mentale e attività fisica risultano ancora essere piuttosto scarse.
Nella pubblicazione Policy Papers del 2018, il progetto Mental European Network of Sports (M.E.N.S.) sostenuto dalla Commissione Europea ha evidenziato le politiche e le esperienze praticate dei diversi Stati Europei in merito alla correlazione tra sport e salute mentale. Nel documento si legge che “la scarsa connessione tra i servizi di salute mentale e l’attività fisica nei Paesi membri è emersa con forza dall’analisi delle politiche: solo pochi paesi hanno sviluppato linee guida o programmi a supporto di questo collegamento. L’attuazione delle raccomandazioni dell’Unione europea da parte degli Stati membri diventa un passo essenziale per il raggiungimento di obiettivi comuni. Per quanto riguarda le pratiche adottate negli Stati europei sul campo della salute mentale e dell’attività fisica, queste risultano piuttosto scarse ed occorre svilupparne e diffonderne di nuove. Lo sviluppo di un database che permetta ai professionisti di accedere a una varietà di pratiche, valutarne l’efficacia, o comunicare con diversi esperti del settore, potrebbe rivelarsi uno strumento utile in questo senso.”
Per capire meglio alcuni concetti mi rivolgo a Santo Rullo (in foto), psichiatra e ideatore di un progetto di riabilitazione e inclusione sociale delle persone con disturbo psichico attraverso lo sport. Ho conosciuto Santo a Lampedusa, insieme all’allenatore e ad alcuni giocatori della Nazionale italiana di calcio a 5 “Crazy for football”, attualmente campioni del mondo e protagonisti del documentario “Il Paese è reale. Crazy for football” di Volfango De Biasi. Il documentario racconta la storia della Nazionale Italiana formata da pazienti psichiatrici e del sogno di Santo Rullo, dell’allenatore Enrico Zanchini e del preparatore atletico Vincenzo Cantatore di partecipare al mondiale tenutosi in Giappone nel 2016. I protagonisti, oltre alle persone coinvolte nel progetto, sono i valori della legge 180, più comunemente conosciuta come “Legge Basaglia”: lotta allo stigma e processi di guarigione che possono aiutare le persone con disturbi psichici a riappropriarsi del proprio spazio e del ruolo all’interno della società.
Allo scopo di sensibilizzare la società civile, in particolare i giovani, sulle problematiche del disturbo psichico e la necessità di prevenzione, sulla lotta allo stigma legato alle persone con fragilità e sulla grande importanza che lo sport assume nella riabilitazione psichiatrica, il team di Santo Rullo, è parte attiva anche del progetto CINEMIND, una rassegna cinematografica itinerante dedicata alla salute mentale, promossa dall’associazione ECOS, con il sostegno finanziario del Ministero per i beni e le attività Culturali (MIBAC) e il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR).
Lo sport viene riconosciuto come valida pratica riabilitativa nelle persone con disturbo psichico? E, se ancora non lo è, perché dovrebbe esserlo?
“Perchè lo sport rappresenta da un lato un’opportunità per osservare lo stretto rapporto che lega le tre dimensioni che connotano la salute psicofisica dell’essere umano: mente, corpo e vita sociale; dall’altro lato rappresenta un luogo dell’azione e della relazione contrapposto ai “non luoghi” del disagio mentale e dell’isolamento. Lo sport è facilmente accessibile, stimola l’autostima e l’autoconsapevolezza, incoraggia la socializzazione, l’appartenenza al gruppo e la coesione sociale, in particolare in situazioni di vulnerabilità e fragilità.”
Quali sono gli indicatori clinici che potrebbero essere valutati e con quali strumenti? Quali i benefici nel praticare attività fisica e sport?
“Le acquisizioni scientifiche sul ruolo delle funzioni motorie e dei movimenti finalizzati (neuroni specchio) nell’apprendimento e nella gestione delle relazioni, attribuiscono all’esperienza dell’attività sportiva nei disturbi mentali funzionali un ruolo efficace di stimolo completo ed integrato sul piano biologico, psicologico e psicosociale. Il calcio, in particolare, per l’attivazione sincrona di diverse funzioni del corpo e della mente, rappresenta uno strumento efficace per la salvaguardia del benessere fisico e psicologico. Alcuni metodi dell’allenamento calcistico, e nel calcio a 5 in particolare, ricalcano le tecniche di ‘social skills training’ (allenamento delle abilità sociali) utilizzate normalmente nella riabilitazione psichiatrica, in cui le competenze fisiche sono ben integrate con le finalità sociali. Il sistema di coaching è generalmente integrato in un programma riabilitativo (un programma semiresidenziale giornaliero, un programma psico-educativo, un programma residenziale in comunità terapeutica). È auspicabile un monitoraggio psichiatrico dei risultati dell’attività sportiva, per verificarne le finalità sociali e relazionali. In particolare, nell’attività pilota del Progetto europeo SH.PE.RE. (Sport Healing Rehabilitation) condotto dall’Associazione ECOS, stiamo monitorando il miglioramento delle abilità sociali ed empatiche attraverso una scala che misura il cambiamento della cosiddetta ‘Teoria della mente’, la capacità di leggere le intenzioni degli altri.”
Il poeta Giovenale nella sua celebre Satira esortava gli uomini a concentrarsi sulla salute del corpo e della mente. “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano” (Bisogna chiedere agli dèi che la mente sia sana nel corpo sano, ndr). In un capitolo del libro “All you need is Sport”, di Paolo Crepaz, fai chiaro riferimento a corpo, mente ed all’importanza della loro associazione. Me ne parli?
“Uno degli elementi fondamentali della salute mentale è il ‘temperamento’, etimologicamente il mescolamento, tra le varie funzioni vitali dell’individuo, fisiche e psichiche. L’insorgenza di una difficoltà psicologica mina di solito la coesione tra i diversi elementi dell’identità fino a creare, nei disturbi mentali conclamati come ad esempio nella depressione e nelle psicosi, una vera dissociazione tra mente e corpo. Questa dissociazione è responsabile di sintomi come l’astenia, l’abulia e la perdita di energie vitali. L’intervento con lo sport riavvicina tutti gli elementi creando di fatto opportunità di integrazione e di miglioramento del funzionamento psichico e conseguentemente del benessere fisico”.
A Mediterraneo Cronaca interessa dare centralità alla persona e ai suoi diritti. Quali diritti secondo te vengono a mancare ad una persona con disturbo psichico e quali lo sport permetterebbe di riacquisire?
“Il tema dello stigma, dell’autoesclusione e della perdita del diritto nel disturbo mentale è molto dibattuto, ma sempre sottostimato nelle pratiche cliniche. La disabilità psicosociale della persona con problemi di salute mentale è solitamente episodica e nascosta, ritarda o impedisce l’accesso alle cure e la ricerca di opportunità di benessere. Che lo sport sia un importante strumento di socializzazione e di inclusione è ormai patrimonio comune, ma il fatto che oltre ai numerosi aspetti aspecifici ci siano elementi di forte specificità per un utilizzo mirato e finalizzato dello sport in alcuni disturbi o per il recupero di particolari abilità e funzioni mentali è ancora nozione di nicchia. La riacquisizione del diritto alle ‘cose belle e salutari della vita’, come lo sport, l’arte, la musica, le relazioni, in una parola di uno stile di vita protettivo, deve diventare l’obiettivo primario di ogni intervento in salute mentale orientato alla ‘recovery’.”
Nonostante l’Unione Europea abbia presentato la sua visione dello sport come mezzo per migliorare lo sviluppo personale, il senso di identità e appartenenza, il benessere fisico e mentale, l’inclusione sociale ed interculturale e la disponibilità di fondi pubblici per praticare sport e attività fisica sia sempre più estesa, solo il 10% dei professionisti di salute mentale raccomanda l’attività fisica ai propri pazienti (secondo il Project Papers del 2018). Inoltre ci sono pochissimi programmi formativi che permettano ai professionisti del settore dello sport e della salute mentale di acquisire le competenze tecniche e professionali necessarie per lavorare efficacemente con persone con problemi di salute mentale. Cosa si può fare?
“Il progetto SH.PE.RE. (Sport Healing Rehabilitation) condotto dall’Associazione ECOS è finanziato dall’UE nell’ambito del programma ‘Erasmus + Sport’ ed è finalizzato alla raccolta delle pratiche di utilizzo dello sport nei programmi di riabilitazione psichiatrica. Il confronto tra le evidenze scientifiche della letteratura e le esperienze esistenti sul territorio sarà alla base della definizione di linee guida in grado di valorizzare gli elementi specifici ed aspecifici dell’esercizio fisico e dello sport sulla salute mentale. È chiaro che i programmi integrati di intervento per la salute mentale necessitano di una disponibilità di risorse sociali ed economiche chiare e ben distribuite sul territorio, che potrebbero anche fornire grandi opportunità lavorative per il mondo dello sport. Gli impianti sportivi sono generalmente disponibili al mattino e potrebbero offrire agli utenti dei servizi sanitari attività fisiche e sportive da integrare ai trattamenti psicofarmacologici e psicologici. Naturalmente sarebbe anche molto importante da parte delle istituzioni pubbliche destinare risorse specifiche per la formazione dei tecnici sportivi e per lo svolgimento delle attività a favore di pazienti psichiatrici, che determinerebbero, oltre ai già ampiamente citati benefici per la salute, anche un notevole risparmio in termini di utilizzo di farmaci psicoattivi e di interventi e cure mediche per le patologie cardiovascolari e metaboliche spesso compresenti ai disturbi mentali.”
Considerati i costi associati alla salute mentale ed i benefici ormai comprovati che l’attività fisica apporta sia a livello fisiologico che psicologico, il suo utilizzo dovrebbe diventare parte di ogni trattamento terapeutico. Speriamo che gli sforzi finora profusi, sia a livello europeo che italiano, nell’evidenziare i benefici ottenuti dallo sport nella salute mentale portino a politiche e linee guida da far adottare a tutti i Paesi e ad una maggiore consapevolezza degli operatori e della società civile. Quella di Santo Rullo e della nazionale di calcio a 5 Crazy for football è un esperimento che sta già fornendo elementi utili a che esso diventi un modello da seguire. In bocca al lupo a tutto il gruppo di Crazy for football per i mondiali di calcio a 5 Perù 2020!
Il trailer del film “Crazy for Football” pubblicato da Istituto Luce
Il film in versione integrale è visibile sul sito RaiPlay (clicca per andare alla pagina)
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