di Vittorio Alessandro
Ai salvatori di vite umane in mare, ma anche agli altri, a coloro che si sono salvati, bisognerebbe stringere la mano, piuttosto che lasciarli fuori dal porto a interrogarsi dove hanno sbagliato contro la vita e gli uomini. Mica grandi cose, mica le fanfare con cui i messinesi accolsero don Giovanni d’Austria nel 1572, dopo che con la sua flotta aveva sbaragliato i Turchi, mica un gran mersì, ma la mano destra almeno quei marinai se l’aspettano, e per questo prima di sbarcare se la sono nettata sulla coscia destra dei pantaloni.
Perché difatti, quando mai si disse nella storia che una persona che scampò a pericoli di mare e messo piede a terra, non gli fu stretta nemmeno la mano? Mai si disse nella storia.
Anche quando, nel 1911, l’equipaggio della palamitara Rondine I sbarcò con l’anima fra i denti dopo aver perso la barca e tutto, e il capo ciurma Vincenzo Laganà gridò: scansatevi da noi, ché abbiamo il colera, lo stesso alla marina tutti protesero mani e braccia, per abbracciarli. Il colera – come la politica – era cosa del momento e la stretta di mano, invece, era cosa di sempre.
No, non si disse mai che non fu stretta la mano a chi pericolò la vita in mare.
Considerate questo, membri della Giunta per le autorizzazioni a procedere.
(Grazie a Stefano D’Arrigo e al suo Horcynus Orca per avermi offerto le storie e le parole per dire cose mie)