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La stretta di mano

di Vittorio Alessandro

Ai salvatori di vite umane in mare, ma anche agli altri, a coloro che si sono salvati, bisognerebbe stringere la mano, piuttosto che lasciarli fuori dal porto a interrogarsi dove hanno sbagliato contro la vita e gli uomini. Mica grandi cose, mica le fanfare con cui i messinesi accolsero don Giovanni d’Austria nel 1572, dopo che con la sua flotta aveva sbaragliato i Turchi, mica un gran mersì, ma la mano destra almeno quei marinai se l’aspettano, e per questo prima di sbarcare se la sono nettata sulla coscia destra dei pantaloni.

Perché difatti, quando mai si disse nella storia che una persona che scampò a pericoli di mare e messo piede a terra, non gli fu stretta nemmeno la mano? Mai si disse nella storia.

Anche quando, nel 1911, l’equipaggio della palamitara Rondine I sbarcò con l’anima fra i denti dopo aver perso la barca e tutto, e il capo ciurma Vincenzo Laganà gridò: scansatevi da noi, ché abbiamo il colera, lo stesso alla marina tutti protesero mani e braccia, per abbracciarli. Il colera – come la politica – era cosa del momento e la stretta di mano, invece, era cosa di sempre.

No, non si disse mai che non fu stretta la mano a chi pericolò la vita in mare.

Considerate questo, membri della Giunta per le autorizzazioni a procedere.

(Grazie a Stefano D’Arrigo e al suo Horcynus Orca per avermi offerto le storie e le parole per dire cose mie)

Vittorio Alessandro: Ammiraglio in congedo, è stato a lungo responsabile della comunicazione della Guardia costiera e del reparto ambientale delle Capitanerie. Ha curato l’informazione istituzionale in occasione delle migrazioni via mare nel 2011 e del sinistro della Costa Concordia nel 2012; ha guidato la missione ambientale italiana Bahar in Libano nel 2006. Dal 2012 al 2017 ha presieduto il Parco Nazionale e l’Area marina protetta delle Cinque Terre. Nel 2014 ha pubblicato “Puntonave” (Mursia editore) e dal 2012 cura l’omonima pagina su Facebook.
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