di Luca Donigaglia (Agenzia DIRE)
La Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo Gilberto Cavallini, imputato di concorso nell’esecuzione materiale della strage alla stazione del 2 agosto 1980 per la quale sono già stati condannati in via definitiva gli altri ex sodali dei Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Quindi, Cavallini è colpevole: è stata accolta la richiesta della Procura avanzata nel corso della requisitoria del 27 novembre. Ha letto il dispositivo in aula il presidente della Corte, Michele Leoni, al termine di una camera di consiglio cominciata questa mattina alle 10. A inizio seduta, Cavallini in aula ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee. Partito nel marzo di due anni fa, il ‘processo Cavallini’ ha registrato fin qui 45 udienze e quasi 50 testimoni. Cavallini non ha assistito alla lettura della sentenza, lasciando l’aula poco dopo le 15 per poi tornare a Terni, dove è detenuto in regime di semilibertà provvisoria.
Il processo che ha portato alla condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini “apre la strada per un gradino più alto e permetterà di andare oltre”, e anche se “aspetto a dire la parola ‘mandanti’, probabilmente ci saranno i primi rinvii a giudizio e questo aprirà una strada nuova che noi aspettavamo venisse aperta da 12-13 anni“. Incassata la vittoria nel processo a carico dell’ex Nar per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi guarda già avanti, ponendo l’accento sull’indagine della Procura generale bolognese sui mandanti dell’attentato, che fece 85 vittime e oltre 200 feriti. Commentando la decisione della Corte d’Assise del capoluogo emiliano, Bolognesi si dice ovviamente “soddisfatto per il comportamento dei nostri avvocati e per il lavoro dell’associazione”, e sottolinea che per raggiungere questo risultato “la chiave di volta è stata la digitalizzazione degli atti, che ci ha permesso, anche se dopo 40 anni, di chiedere l’apertura di questo processo e delle indagini sui mandanti”.
Poter incrociare i dati di vari processi, aggiunge, “ha consentito di fare grossi passi avanti, e chi ha seguito questo processo ha visto che Cavallini poteva essere non solo condannato per l’esecuzione della strage, ma anche inserito all’interno di un sistema che vedeva i Servizi segreti italiani coinvolti a pieno titolo in questa strage”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche la vice di Bolognesi, Anna Pizzirani, secondo cui “la digitalizzazione ha permesso di incastrare certi fatti che hanno portato a questo processo“. E anche se “questa sentenza non riporta in vita le vittime, rende giustizia a noi familiari, che abbiamo sempre avuto la costanza di insistere su questo processo”.
Quanto all’idea che possa essere inumano condannare una persona a quasi 40 anni dai fatti, Pizzirani rileva che “anche certi responsabili della Shoah sono stati processati dopo 70 anni, e se le carte processuali hanno portato alla condanna questa è una sentenza corretta”. Da parte sua, infine, la vicepresidente dell’associazione evidenzia che “noi abbiamo sempre pensato che gli esecutori non fossero solo Valerio Fioravanti, Francesco Mambro e Luigi Ciavardini”, anche se negli anni “qualcuno è stato assolto stranamente anche se era rimasto ferito e qualcun altro è ‘svicolato‘”.
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