Dopo il raid con cui gli Stati Uniti hanno ucciso il generale iraniano Qasim Soleimani in territorio iracheno, l’Italia ha immediatamente trasferito i militari presenti nella base di Baghdad il cui nome convenzionale è “Union 3”. Lo Stato maggiore della Difesa ha quindi subito compreso i rischi per il proprio contingente dopo l’esecuzione della condanna a morte che la Casa Bianca ha ordinato senza preavviso o consultazione con l’alleato Nato impegnato in missioni ONU e Nato in Medio Oriente e sul cui territorio sono dislocati missili nucleari “a stelle e strisce” e basi aeree di importanza strategica per l’area del Mediterraneo e del Medio Oriente come Aviano e Sigonella. Il rischio per i militari era più che concreto e lo è tutt’ora non soltanto in Iraq.
In Libano è presente un contingente italiano di circa mille unità che opera quale guida della missione ONU. L’Italia è inoltre presente in Medio Oriente con propri militari anche in Afghanistan, dove sono state sospese operazioni di addestramento fuori dalla base in cui gli uomini delle Forze Armate sono dislocati. Nessun militare italiano è stato ferito o comunque coinvolto nello scambio bellico tra gli Stati Uniti e l’Iran ed il trasferimento dalla base Union 3 è avvenuto subito dopo l’omicidio di Soleimani, quindi prima della risposta missilistica iraniana rivolta alle basi americane in Iraq. Neanche a seguito del lancio di razzi verso l’Ambasciata statunitense a Baghdad sono risultati feriti italiani. Questo, sommariamente, il resoconto laconico del sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo, ieri in IV Commissione Difesa.
Lo stato di allerta è però altissimo anche su suolo italiano, dove lo Stato Maggiore ha disposto protocolli prossimi a quelli di uno stato di guerra. Motivo di tale tensione viene attribuito alla sicurezza dei militari italiani impegnati in missioni in Medio Oriente, ma ci sono anche altre forme e ragioni di allerta e riguardano le attività dei sistemi d’arma americani movimentati dalle basi di cui gli States dispongono lungo tutta la penisola tricolore. In Italia erano infatti stati trasferiti, in tempi recenti ed apparentemente non sospetti, nuovi velivoli a guida remota e con capacità offensive letali. Intanto continua l’intensa attività militare nel Mediterraneo con missioni italiane a Misurata, in Libia, di cacciabombardieri Typhoon Eurofighter ed anche di elicotteri Sikorsky UH-60Ms americani in volo su Cipro. Tra queste missioni spicca quella del grosso velivolo spia americano Boeing P-8A decollato mercoledì da Sigonella per una ricognizione sui cieli del Libano.