Potrebbero finalmente avere una fine le violente proteste che hanno caratterizzato gli ultimi mesi del Libano. Ieri si è finalmente formato un nuovo Governo del Libano, con alla guida Hassan Diab. La nuova guida del Paese è il frutto dell’accordo tra gli Hezbollah e la corrente politica alleata del partito sciita. Quelli che un ex ministro dell’Interno italiano, per strizzare l’occhio ad Israele, aveva improvvidamente definito terroristi incorrendo nell’immediato richiamo dello Stato Maggiore della Difesa costretto a ricordare che stava parlando di alleati che garantivano l’incolumità dei militari italiani in Libano. Il nuovo Governo del Libano ha adesso il gravoso compito di rimettere a posto il Paese ridotto in macerie a causa della dilagante e grave corruzione. Il popolo libanese era stato ridotto alla fame e le proteste in strada avevano costretto il primo ministro Saad Hariri a dimettersi nel mese di ottobre dello scorso anno.
La corruzione negli ambienti istituzionali in Libano è stata identificata quale primaria causa della crisi economica pagato dal popolo. Il risultato era stato quello, sempre più diffuso nel pianeta, di proteste seguite da scontri e tentativi di repressione da parte di chi deteneva il potere. L’insurrezione è stata però più forte e determinata ed alla fine a dover cedere era stato il Governo. Da ottobre il Paese non aveva più un esecutivo che lo amministrasse e l’ordine pubblico non si era sedato. La condizione di fame della popolazione causata dalla cattiva amministrazione del Paese non consentiva ai manifestanti di trovare soddisfazione nelle dimissioni di Saad Hariri e procedevano le proteste in determinata pretesa di un Governo giusto che risolvesse i problemi. Ieri si è quindi insediato il Governo degli Hezbollah, il partito sciita socialista di ispirazione khomeinista ed avverso al vicino Stato di Israele.
Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, accolta con favore la notizia dell’insediamento del nuovo governo in Libano, ha annunciato ieri la disponibilità dell’ONU di assistere il nuovo esecutivo nel duro lavoro di riforme necessarie per navigare il Paese fuori dalla grave crisi economica. Il Libano è attualmente uno Stato fortemente indebitato. Un debito pubblico che pesa sulla popolazione ma che non aveva impedito alla classe politica aggrappata alle poltrone di procedere con una gestione della cosa pubblica fondata sulla corruzione e sul conseguente sperpero di risorse. Il sostegno al Libano offerto dalle Nazioni Unite non è però affare delicato squisitamente interno al Paese. La crisi in Medio Oriente causata dai Paesi occidentali, il dominio militare dello Stato di Israele ed il piano di radicale espansione della Turchia rendono il governo degli Hezbollah esposto ad interferenze estranee. Con una nota affidata alle agenzie internazionali da un portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres ha inoltre affermato che l’ONU si impegna a sostenere il Libano anche per “rafforzare la sua sovranità, stabilità ed indipendenza politica”.
Il nuovo Consiglio dei ministri libanese è composto da venti tecnici specialisti delle rispettive materie. Un “mini Governo”, come lo ha definito il nuovo primo ministro Hassan Diab, che dovrà immediatamente affrontare le richieste dei manifestanti ma anche ed al contempo intervenire per risolvere i gravi problemi strutturali dell’economia del Libano. Determinanti saranno i Ministeri delle Finanze e degli Esteri. Per i due delicatissimi compiti sono stati delegati l’economista Ghazi Wazni ed il già delegato libanese presso la Lega degli Stati Arabi Nassif Hitti. La promessa di sostegno delle Nazioni Unite sulla sovranità e l’indipendenza del Libano è argomento su cui pare faccia grande affidamento il ministro delle Finanze Ghazi Wazni, che già ieri, appena dopo l’insediamento, aveva affermato che il suo Paese ha adesso bisogno – appunto – di sostegno esterno perchè possa salvarsi da una crisi senza precedenti che riguarda anche la valuta. Al centro dei timori del nuovo esperto in economia e finanza, come del popolo che prende d’assalto le banche per recuperare i propri risparmi, c’è il dollaro con il sistema creditizio interno esposto alle speculazioni della valuta dominante in Libano. Eventuali interventi di estraneazione finanziaria dal dollaro rischierebbero adesso di condurre il Libano nella stessa spirale in cui gli Stati Uniti hanno spinto il Venezuela quando il presidente Nicolas Maduro ha tentato di sottrarre il Paese al dominio americano sulle estrazioni petrolifere venezuelane.
In Libano il popolo è sceso in piazza il 17 ottobre e da allora non si sono pacate le proteste. Il nuovo ministro dell’Economia ha definito il Governo di cui fa parte come una “squadra di soccorso”. Un gruppo di tecnocrati che affronterà in modo urgente ma non frettoloso la crisi che ha travolto il Paese. Un simile intervento si era visto in Italia nel 2011, quando l’esecutivo guidato dal professor Mario Monti e composto esclusivamente da tecnici specialisti aveva navigato il Paese lontano dagli artigli della cosiddetta “troika”, quindi dall’indebitamento con il Fondo Monetario Internazionale che lo scorso anno è stato contratto dalla Tunisia. Ogni ministro del nuovo governo libanese è un tecnico estraneo alla politica di partito. Della squadra fanno anche parte, per la prima volta nella storia del Libano, sei donne che guideranno un Ministero ciascuna. Il nuovo esecutivo è stato definito dal primo ministro Hassan Diab come “un Governo che non è partigiano e che non è influenzato dalla politica e dalle sue lotte”, ma anche “il Governo delle donne che partecipano al potere esecutivo, in parole e azioni, e con la forza esclusiva della loro capacità”. Un Governo socialista quindi, che si candida a possibile esempio per altri Paesi che vivono la stessa condizione del Libano. Ma la situazione è tutt’altro che semplice ed i fattori esterni allusi da Antonio Guterres e Ghazi Wazni potrebbero determinare una ulteriore crisi di ampiezza, questa volta, disastrosa. Gli Hezbollah, come li aveva definiti il ministro italiano per ingraziarsi lo Stato di Israele, vengono definiti terroristi da molti Stati esteri che hanno determinato le più gravi crisi mediorientali. Tra questi, ad esempio, gli Stati Uniti, Israele ed i Paesi Arabi del Golfo, dove il Libano dovrà riuscire a trovare sostegno economico.