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Libia, degenera il conflitto nel Mediterraneo

Ala del drone turco con bandiera libica

L’aeroporto internazionale di Mitiga, alle porte di Tripoli, è il punto di rottura di un accordo di cessate il fuoco che non stava in piedi già al momento della ratifica. Mitiga è adesso oggetto di attacco da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, che lo ha nuovamente colpito con sei missili Grad. L’attacco è stato reso ufficiale, ed attribuito all’Esercito Nazionale Libico (LNA) di Haftar da Mohammed Gununu, portavoce del Governo di Accordo Nazionale (GNA). “Il bombardamento è una flagrante minaccia alla navigazione aerea civile – ha detto Gununu – e una nuova e ripetuta violazione del cessate il fuoco da parte delle milizie di Haftar”. Mitiga è però anche base strategica dei velivoli a controllo remoto (droni) che la Turchia ha fornito a Tripoli con tanto di sistemi d’arma completi e personale specializzato. Questo aspetto, oltre che ribadito dall’LNA di Haftar, è emerso a seguito di abbattimenti di tali velivoli proprio nelle vicinanze di Tripoli. L’ultimo caso è stato documentato fotograficamente e rilevava, per la prima volta, la bandiera della Libia invece che quella della Turchia sul velivolo (vedi foto).

I voli da e per Mitiga sono di nuovo sospesi ed il traffico aereo è stato nuovamente dirottato su Misurata fino a nuovo ordine. I venti di guerra si alzano forti e lo scontro non pare avere alcun appiglio per attenuarsi. “Il vertice di Berlino era lungi dal porre fine alla sanguinosa guerra tra il GNA di Sarraj ed il LNA ribelle Haftar”, aveva scritto giorni addietro Le Monde accusando il presidente francese Emmanuel Macron di essersi dichiarato pro governo legittimo di Tripoli mentre effettivamente appoggia il generale della Cirenaica. E mentre in Francia si apre la polemica per l’accusa formulata adesso ufficialmente da un importante quotidiano francese, la portaerei Charles de Gaulle è partita – ieri – alla volta del Medio Oriente per una missione militare non definita da Parigi. Movimenti militari sospetti, o preoccupanti, che seguono quelli notturni dei voli cargo registrati da ItaMilRadar e relativi a Boeing 747-412 intenti a fare spola notturna tra Misurata ed Istanbul. Voli cargo che fanno sospettare gli analisti di ulteriori massicce violazioni dell’embargo sulle armi in Libia.

Ieri Ghassan Salame, inviato speciale delle Nazioni Unite per la crisi libica (UNSMIL), aveva annunciato che il “Comitato militare 5+5” potrebbe incontrarsi a Ginevra, in Svizzera, già all’inizio della prossima settimana. Il “Comitato militare 5+5” è una proposta messa sul tavolo dalle Nazioni Unite già ad inizio mediazione e ripresa a Mosca dal presidente Vladimir Putin in occasione del documento di cessate il fuoco concordato prima con la Turchia e poi con le parti rappresentate da emissari delegati da Sarraj (GNA) e Haftar (LNA). Ginevra rischia però adesso di saltare proprio per gli attacchi all’aeroporto di Mitiga, che seguono l’abbattimento del drone turco per il quale il governo di Tripoli si è affrettato a dichiarare che altro non era che un drone “da sorveglianza”, non armato, precipitato per un guasto. Khalid Al-Mishri, capo dell’alto Consiglio di Stato, ha affermato ieri che nel caso in cui Haftar non dovesse smettere di attaccare Mitiga con raid aerei e missilistici, anche il vertice di Ginevra salterà perché la parte GNA non intende prendervi parte. Dal canto opposto, Haftar fa sapere per tramite del proprio portavoce che la “No Fly Zone” imposta su Tripoli – quindi l’aeroporto di Mitiga – dall’LNA dovrà essere rispettata se non si vuole mettere a rischio anche i voli civili.

Tra i voli che possono apparire “civili” ci potrebbero essere anche i Boeing 747-412 con cui anche dal fronte GNA-Turchia viene violato l’embargo sulle armi. E per il mantenimento dell’embargo si era pronunciato anche il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, proponendo la riattivazione della missione Sophia – sospesa in mare con la rottura degli accordi tra il Governo italiano a guida Salvini e l’Unione europea per la questione migranti – già conosciuta per la continuità con la missione umanitaria italiana Mare Nostrum ed adesso riproposta per uso militare di vigilanza sull’embargo. Stoltenberg aveva quindi lanciato l’offerta di disponibilità da parte della NATO di sostenere militarmente la missione dell’Unione europea – Sophia – in applicazione dell’accordo risultato tra le parti al Summit di Berlino. La proposta del segretario generale della NATO è però caduta nel vuoto e nessuna delle parti interessate che avevano partecipato al summit tedesco pare interessata a che la NATO vigili su un embargo fatto di strette di mano a favore di fotocamere ma di fatto violato dagli stesso “importanti attori” che al posto di Sarraj ed Haftar hanno chiuso l’accordo del 19 gennaio a Berlino.

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