di Franca Regina Parizzi
Si stima che circa l’80% degli italiani ricorrano alla rete per cercare informazioni sulla salute e Facebook è il social network più utilizzato per diffondere notizie false, che in brevissimo tempo diventano virali e difficili da oscurare o combattere.
La ricerca ossessiva tramite Google di notizie riguardanti la salute è tutt’altro che rara ed è un disturbo psicologico definito come cybercondria, cioè ipocondria telematica.
Il web è un enorme raccoglitore di fake news sulla salute. Se alcune danneggiano solo il portafoglio, altre possono portare a conseguenze gravi e senza ritorno.
Numerose di queste bufale riguardano terapie naturali o cure omeopatiche. Su questo punto è importante fare subito un chiarimento: non esiste una Medicina naturale e non esiste una Medicina omeopatica. La Medicina è una sola ed è basata sul metodo scientifico. Le così dette cure naturali e le così dette cure omeopatiche altro non sono che placebo. Non esiste nessuno studio scientifico che ne dimostri l’efficacia. In molti casi sono trattamenti innocui, ma non devono rappresentare alternative a terapie mediche di efficacia dimostrata nei casi che ne necessitano e che potrebbero avere un’evoluzione grave o addirittura infausta. Alcuni esempi sono: il riso rosso fermentato per abbassare il livello di colesterolo (che può causare danni al fegato e ai muscoli), la curcuma e lo zenzero spacciati come anti-tumorali. Il cancro rappresenta un campo estremamente fertile per i ciarlatani: si va dal trattamento con estratto di nocciolo di albicocca, al bicarbonato di sodio, a moltissime altre ciarlatanerie, senza dimenticare il vecchio “siero di Bonifacio” (a base di escrementi di capra) e il “metodo Di Bella”. Tutti elementi che hanno alimentato false illusioni di guarigione e generato molte morti, in gran parte evitabili.
Circa 20 anni fa in Lombardia una bambina, Kheta, affetta da leucemia linfoblastica acuta, rifiutò (su pressione dei genitori), di sottoporsi alla chemioterapia (con la quale le possibilità di guarigione erano allora superiori al 70% e oggi all’80%) e sperimentò la cura Di Bella. Ne nacque una causa penale che, togliendo la patria potestà ai genitori nell’interesse del minore, costrinse la bambina a sottoporsi alla chemioterapia, ma ahimè troppo tardi, quando non era più possibile salvare la piccola. Circa quattro anni fa morì, sempre per una leucemia linfoblastica acuta, una ragazza diciottenne padovana, che aveva seguito il metodo Hamer. Il Dottor Hamer (medico tedesco radiato dall’Ordine dei Medici) dopo la morte del figlio per un tumore, aveva sviluppato una sua teoria sulla causa del cancro, secondo lui dovuto a conflitti interiori. Egli sosteneva che la chemioterapia e la radioterapia erano inutili e anzi nocive, come pure la morfina per lenire i dolori dei malati di cancro in fase terminale, causando di conseguenza moltissimi morti, per di più tra sofferenze indicibili.
Ma parlando di fake news non possiamo trascurare la campagna online contro i vaccini, che ha avuto il risultato di abbassare la soglia di copertura vaccinale nei bambini all’86%, molto al di sotto della soglia di sicurezza del 95%, che garantisce l’”immunità di gregge”, cioè quella copertura vaccinale nella popolazione tale da impedire la diffusione della malattia e proteggere anche quei soggetti che per malattie congenite, terapie o deficienze immunitarie non possono essere sottoposti a vaccinazioni.
Non possiamo neppure trascurare le teorie complottistiche che vanno sotto il nome di Big Pharma, che accusano le aziende farmaceutiche di speculare sui farmaci e i vaccini e di impedire la diffusione di “cure” alternative alla farmacologia ufficiale esercitando pressioni sulle società scientifiche e sugli enti istituzionali preposti alla tutela della salute.
Ma se il dottor Google è diventato il medico più consultato, i medici veri come reagiscono? Nella maggior parte dei casi si sentono offesi e ridicolizzano i pazienti che sottopongono loro le informazioni raccolte online, ma questi atteggiamenti di “lesa maestà” rischiano di generare nel paziente, che richiede comunque risposte serie e motivate, un sentimento di sfiducia e incomprensione.
Ridicolizzare o criminalizzare l’utente che cerca nel web informazioni sulla propria salute è sbagliato e controproducente e qui entrano in gioco tutti quei sottili meccanismi che stanno alla base della relazione medico-paziente.
Cercare informazioni su Google per soddisfare le proprie curiosità e ansie è un comportamento che deve essere considerato normale, legittimo, anche se può essere rischioso, e il medico non può prescindere dal confrontarsi con questa realtà, ma deve aiutare il paziente a interpretare correttamente le informazioni che ha acquisito in rete, a distinguere le fake news dalle notizie provenienti da fonti attendibili e a confrontare le informazioni acquisite con la realtà del suo problema di salute. Un ulteriore carico di lavoro? Sì, certamente. Occorre dedicare più tempo, ma è necessario. Il ruolo del medico e la qualità della sua relazione con il paziente sono e restano, ancora e soprattutto oggi, in piena era telematica, fondamentali. L’empatia, la fiducia, la disponibilità alll’ascolto e al dialogo sono oggi più che mai indispensabili per difendere la persona malata dalle fake news.
L’UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione), che riunisce i giornalisti iscritti all’Ordine che si occupano di comunicazione e informazione sui temi della salute, ha stilato una serie di raccomandazioni (sotto forma di decalogo) per aiutare le persone a distinguere una bufala da una notizia vera. Per citare le più importanti:
• Verificare la fonte. Su 18.000 siti in Italia che si occupano di salute si stimano 17.900 siti spazzatura. Le fonti attendibili sono quelle istituzionali, come il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), gli Ospedali e le Società medico-scientifiche
• Verificare la data. Non sempre i primi siti che compaiono su Google sono i più recenti. Inoltre, se sono passati anni dalla pubblicazione, la notizia non è certamente attuale e nel frattempo potrebbero essere emersi nuovi dati.
• Evitare il “fai da te”. In nessun caso le notizie acquisite in rete possono sostituire la visita del medico. E’ il medico l’unico in grado, per formazione ed esperienza, di interpretare le informazioni nel campo della salute.
• Diffidare delle pubblicità e dello shopping online e porre attenzione alla pubblicità mascherata. Se si acquistano farmaci online occorre accertarsi che provengano da farmacie autorizzate, che devono avere per legge il logo identificativo europeo riportato qui di fianco, cliccando sul quale si apre il sito del Ministero della salute dove si può verificare se la farmacia in questione è autorizzata.
• Non cascare nella psicosi del complotto (Big Pharma).
Per concludere, il Dott. Google esiste, ed è un “collega virtuale” con cui i medici oggi devono inevitabilmente sapere confrontarsi. Coloro che cercano online informazioni sulla salute non sono in grado di decodificare le notizie riportate, di distinguere le bufale dalle informazioni corrette, perché non ne hanno gli strumenti. Il ruolo del medico è pertanto fondamentale per aiutare il paziente a interpretare tali informazioni. Altrettanto importante è cercare le strategie migliori (ne è un valido esempio il decalogo dell’UNAMSI) per sviluppare negli utenti le capacità critiche necessarie per una navigazione intelligente nei meandri del web, soprattutto sui temi delicati e complessi che riguardano la salute.