Nel piccolo magazzino del cimitero di Lampedusa, originariamente adibito a deposito attrezzi, ci sono sette bare sotto un dito di polvere. Si trovano da fine novembre, quasi tutte. Su una delle bare si legge chiaramente che contiene il corpo di un uomo ritrovato dalla Guardia Costiera il primo di dicembre. Tutti sono feretri delle vittime del naufragio occorso a Lampedusa il 23 novembre
Da allora quelle bare si trovano li dentro, impolverate e con le mosche che gli girano intorno. Il piccolo magazzino è quindi pieno, inutilizzabile, ed anche il cancello che da accesso a quell’ala del cimitero di Lampedusa è chiuso. Davanti c’è il nastro bianco e rosso, ormai scolorito, che due mesi addietro era stato posto davanti l’ingresso per interdire l’accesso. Abbandonati, sia in mare, quando forse qualche aereo li aveva anche visti ma nessuno era poi andato a soccorrerli al largo ed in tempo utile, sia dopo la morte, quando i corpi ormai sfaldati che i sub hanno recuperato dal fondo del mare sono stati posizionati nelle bare che nessun cimitero ha ancora accolto. L’area cimiteriale di Lampedusa è piena all’inverosimile, ormai da anni. L’isola ha accolto vittime della tratta fino a completa saturazione di ogni loculo. Esaurendosi Lampedusa, il resto del Paese dimostra ancora una volta i propri limiti, strutturali ma anche morali. Nessuno cerca più le barche disperse in mare, nessuno accoglie più le vittime delle morali omissioni di interventi umanitari in mare.