di Mauro Seminara
La bruciante sconfitta della citofonante Lega in Emilia Romagna ha fatto gongolare qualcuno e fatto credere a qualcun altro che il nemico sia sconfitto. Purtroppo è tutt’altro che così. Il nemico dell’Italia non è sconfitto, ed anzi è più stupidamente determinato di prima. Ma guai ad identificare in Matteo Salvini e Giorgia Meloni tutta la forza di questo devastante demolitore della società civile. Vero è che i sopracitati nomi sono propagatori industriali di odio, avvelenatori di pozzi. Ma è altrettanto vero che la pianta che sta fiorendo ha già vita propria e la sua immonda esistenza prescinde ormai dal consenso di cui godono certi movimenti politici.
Il fascismo, che temevamo tornasse, adesso si può dire di nuovo vivo. La “goliardia”, con cui vengono assolte certe azioni, è una attenuante solo per chi non ha il coraggio di perseguire e condannare. Non soltanto moralmente ma anche penalmente. L’apologia al fascismo è un reato penale. A questi si aggiungono altri reati specifici come l’atto vandalico, ma alla base c’è sempre ciò che non è stato fatto per punire subito l’insorgere di una ideologia che riprende vita quando gli ultimi testimoni di nazismo e fascismo si accingono a lasciarci. Così, mentre la destra nazionale e nazionalista è fredda nel difendere il valore del simbolo vivente che Liliana Segre rappresenta, ed anzi la si ammonisce perché sprona il pensiero e la memoria antifascista, sulle porte italiane compaiono scritte che pensavamo non avremmo mai più dovuto vedere. Stelle a sei punte con il testo “Juden hier” appaiono qua e la come se ci fossero già pronte SS e camicie nere con la camionetta per prelevare e deportare.
Il sindaco di Milano ha preso la sua posizione scrivendo sulla porta di casa propria “Antifa hier”, cioè “qui un antifascista”. Un seme, quello piantato da Sala, che bisogna far germogliare in fretta perché la pianta velenosa del fascismo è già fiorita. I casi di porte imbrattate e simboli antifascismo distrutti si stanno infatti moltiplicando di giorno in giorno. Non sappiamo se per emulazione o perché qualcuno ha dato il via – proprio in prossimità della Giornata della Memoria – ad una operazione raccapricciante di antisemitismo di stampo fascista, ma gli eventi sono in piena accelerazione. Concediamoci allora di attribuire alle Sardine – che hanno scosso la questione morale non soltanto in Emilia Romagna – ed alla egregia amministrazione del presidente uscente Bonaccini la sconfitta della destra in Emilia Romagna invece che a quei partiti sconfitti in Emilia Romagna ed in Calabria, dove ‘ndrangheta e disperazione governano la regione senza politica capace di offrire speranze. Perché il citofonatore, che tanto sa di untore come chi scrive “qui vive un ebreo” sulle porte, ha comunque raccolto oltre un milione di voti per la propria candidata in Emilia Romagna, e gli altri non sono in grado di metterlo alla porta perché di fatto appaiono incapaci di idee politiche e di ideologie che non siano mirate unicamente alla sopravvivenza del partito ed al conseguente mantenimento delle poltrone.
Per l’ennesima volta ci si ritrova a dover difendere, con il referendum del 29 marzo, la Costituzione da chi tenta di impoverirne il potere democratico. Questa volta però c’è da convincere delle ragioni di difesa della Carta Costituzionale quelle stesse persone che avevano votato per i movimenti politici anti-casta, ed a difesa del precedente tentativo di riduzione dei diritti del popolo sovrano. E sarà dura spiegare loro che ridurre il numero dei parlamentari non è una riforma fatta per il bene del popolo da chi si professa contro il sistema. Sarà anzi davvero difficile che il popolo non accordi un taglio della rappresentanza parlamentare spianando la strada a chi già adesso brama il riconoscimento di “pieni poteri” e vieta come primo atto di governo – quando era titolare del Ministero dell’Interno, con il primo decreto sicurezza – le proteste popolari ponendo il carcere quale pena per i trasgressori. Questo accade in politica mentre sulle porte delle abitazioni vengono scritte frasi come “qui vive un ebreo”.