Dopo la richiesta, reiterata, alle autorità Maltesi e le risposte negative sull’assegnazione del porto sicuro di sbarco, la nave Ong Open Arms si era rivolta alle autorità italiane. Per esclusione, preso atto – da parte della comunità internazionale e dell’Unione europea – del porto di Malta non concesso, l’Italia ha valutato per quasi due giorni l’opportunità di concedere un porto sicuro di sbarco ai 363 naufraghi soccorsi dalla nave Ong. La zona SAR (Search and Rescue, Ricerca e Soccorso) italiana è la prima per vicinanza a quella della Libia (considerata porto non sicuro dalle Nazioni Unite) ed a quella maltese. L’Italia si trovava quindi in dovere di assegnare un porto alla Open Arms, ed anche di assegnarne uno che non fosse troppo lontano, per evidenti ragioni di sicurezza a bordo. Lo ha fatto oggi pomeriggio, comunicando alla nave umanitaria di dirigersi verso Pozzallo, in Sicilia, per lo sbarco dei naufraghi. Una decisione che arriva in perfetta coincidenza con la diffusione della notizia sulla nuova richiesta di autorizzazione a procedere trasmessa dal Tribunale dei ministri al Senato della Repubblica per l’indagato Matteo Salvini, reo, secondo la Procura di Agrigento, di aver negato lo scorso agosto l’approdo alla stessa nave che oggi ha avuto assegnato il porto di Pozzallo quale Place of Safety (porto sicuro), dove arriverà domattina alle 08:30 circa.
La Open Arms andava infatti incontro a rischi conseguenti al grave stress che si stava consumando in questi giorni sulla nave. I primi naufraghi erano stati soccorsi il 26 gennaio e stavano quindi a bordo da sette giorni. La nave nel frattempo aveva sopperito alla totale assenza di soccorsi nel Mediterraneo centrale effettuando altri quattro salvataggi. Nel caso di agosto 2019, la Open Arms si era trovata bloccata al largo di Lampedusa per venti giorni ed in questi la situazione era gravemente degenerata con persone che si gettavano in mare per raggiungere la costa e soccorritori della Ong costretti a fare i turni di vigilanza sul ponte per evitare il peggio. Un fattore determinante per l’intervento della magistratura che ordinò lo sbarco dei naufraghi e che adesso chiede di poter procedere a carico dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
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