di Mauro Seminara
La notizia non è stata ancora confermata dalle fonti locali accreditate ed impegnate con il “Consiglio 5 + 5” che dovrebbe trovare l’accordo militare per il cessate il fuoco tra le parti, ma è stata diffusa da due giornalisti presenti a Tripoli e testimoni dell’accaduto. Missili Grad, stando a quello che dichiara Abedine Saad, uno dei due giornalisti, sarebbero la causa della violenta esplosione nel porto di Tripoli. Esplosione e successiva fumata nera documentata in un video da Saad, ma anche dal collega Amr Elqazaz che conferma l’evento in video ed in attribuzione alle forze del generale Haftar.
Il giorno del “5 + 5”
L’Esercito Nazionale Libico di Khalifa Haftar avrebbe quindi bombardato il porto di Tripoli nel giorno in cui a Ginevra la Commissione militare composta da membri delle due principali fazioni, detta “5 + 5”, lavora per trovare un accordo di pace o di contenimento dello scontro. Un intervento imposto dai vari accordi ratificati dalle parti, anche in Russia, e che riprende una iniziativa dettata dalla missione speciale per la Libia delle Nazioni Unite (UNSMIL). E proprio sotto l’egida delle Nazioni Unite si tiene oggi a Ginevra l’incontro. Ma il raid di Haftar, ancora non ufficialmente confermato, non arriva in coincidenza del solo “5 + 5” di Ginevra ma anche in corrispondenza dell’annuncio europeo di disponibilità ad un intervento militare di terra in Libia finalizzato alla vigilanza sull’embargo armi cui il Paese in guerra sarebbe teoricamente sottoposto.
L’Italia nel porto di Tripoli
L’esplosione nel porto della capitale libica, che ricordiamo dista appena 300 Km dal porto italiano più vicino, ha la chiara forma di un messaggio del generale Khalifa Haftar. Messaggio che però potrebbe essere rivolto anche all’Italia, il cui ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha confermato la disponibilità italiana a partecipare alla missione di terra in Libia. Nel porto di Tripoli si trova infatti la nave della Marina Militare italiana identificata in atti di inchiesta della magistratura quale effettiva sala operativa per il coordinamento SAR della inesistente guardia costiera libica. La nave è fissa nel porto della capitale e da li risulta nei fascicoli che varie Procure hanno aperto, su vicende legate anche alle richieste di autorizzazione a procedere contro il senatore Matteo Salvini, l’unica vera “Centrale per il Coordinamento del Soccorso Marittimo” (MRCC) della Libia e quindi sala operativa dalla quale vengono disposti i fermi in mare delle barche cariche di profughi che la cosiddetta guardia costiera nordafricana poi riconduce in zona di guerra.
Se il messaggio, sotto forma di missile Grad, fosse rivolto all’Italia, presente militarmente nel porto di Tripoli, questo avrebbe ripercussioni notevoli su tutto il rapporto tra il “Bel Paese” europeo e la fazione conquistatrice libica rappresentata da Haftar. Il Governo di Accordo Nazionale (GNA) presieduto dall’ormai sempre più isolato Fayez Al Sarraj è sostenuto militarmente dalla Turchia di Erdogan che, se pur legittimata da un Memorandum Libia-Turchia per la difesa del Governo riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha le mani legate dietro la schiena essendo in contrapposizione con la Russia che continua a sostenere Haftar ed ha rapporti con il presidente turco che impediscono a quest’ultimo di avere colpi di testa non autorizzati.
Rischi per i militari italiani
L’Italia ritiene di sostenere il legittimo governo – che però è legittimo solo per le Nazioni Unite ma ormai da tempo non lo è più per buona parte della Libia – e di avere rapporti diplomatici anche con la parte avversa. Questa però controlla il 95% del territorio libico ed in questa sconfinata area di territorio ci sono tutti i giacimenti, con i pozzi di estrazione e le raffinerie. Quindi, sotto il controllo ormai accertato di Haftar ricadono anche gli interessi italiani su cui svetta il vessillo dell’ENI. Altra presenza italiana in Libia è quella militare, con una missione di terra – mai del tutto chiarita – a Misurata, che prevede ufficialmente circa 300 militari ed un ospedale da campo cui non si sa chi vi fa accesso per cure mediche, e quella nel porto di Tripoli con la nave della Marina Militare che da supporto – o supplisce – alla sedicente guardia costiera libica nella lotta alle partenze di migranti invece che ai trafficanti di esseri umani. Quest’ultimo insediamento militare italiano si è visto esplodere a breve distanza qualcosa, malgrado fino ad oggi da Roma è sempre stata ribadita l’assicurazione che i militari italiani a Tripoli non corrono alcun rischio. Il molo in cui è ormeggiata la nave italiana è quello che ricade nell’area militare di Abu Sitta, a poche centinaia di metri da quello commerciale.
La nave della Liberia proveniente dagli USA
Nel porto di Tripoli, esattamente dove si vede alzare la enorme colonna di fumo, doveva essere ancora presente una nave cargo adibita al trasporto refrigerato battente bandiera della Liberia. La nave è in realtà un cargo che solitamente non va al di la dell’Oceano Atlantico e che lavora con trasporti da e per gli Stati Uniti. Monitorata da Mediterraneo Cronaca, la nave in questione, il cui nome è Whitney Bay, aveva attraversato l’Atlantico per una sosta in Tunisia, a Sfax. Dal porto tunisino si era poi diretta a Tripoli, dove è rimasta per giorni. Poi se ne sono perse le tracce AIS (Automatic Identification System) ed oggi, stando alle informazioni ufficiali sulla navigazione, la Whitney Bay avrebbe dovuto raggiungere il porto spagnolo di Algeciras, sullo Stretto di Gibilterra.
L’ultima posizione ricevuta risale a quattro giorni addietro, quando la nave “americana” della Liberia era ormeggiata proprio al molo in cui questa mattina è stata documentata la violenta esplosione. Stesso molo del porto commerciale di Tripoli – dirimpettaio di quello militare di Abu Sitta in cui è ormeggiata la Marina Militare italiana – in cui navi cargo sospette di trasporto armi ormeggiano per scaricare la propria merce. La Whitney Bay è fuori portata AIS, cioè invisibile al tracciamento obbligatorio, dal 14 febbraio. Giorno in cui è possibile che sia stato spento il trasponder mentre la nave risultava in viaggio verso lo Stretto di Gibilterra.