di Mauro Seminara
La violenta esplosione avvenuta ieri mattina nel porto di Tripoli, documentata da diverse fonti come mostrato ieri, è stata rivendicata dall’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Haftar. Il colpo sarebbe stato messo a segno da forze del LNA, con non precisato sistema d’arma, ai danni di una nave cargo che – stando a quanto rivendicato da Haftar – avrebbe trasportato armi a Tripoli. La nave colpita sarebbe quindi un cargo “Ro.ro” battente bandiera della Turchia ormeggiata nel braccio di porto che ieri avevamo indicato quale appunto area commerciale in cui attraccano le navi sospette di violazione embargo sulle armi in Libia. Non si tratta della liberiana “Whitney Bay” che ha regolarmente lasciato il porto di Tripoli come da programma per uno scalo nel porto di Algericas che ha già lasciato e si trova adesso nell’Oceano Atlantico. E non sarebbe neanche la nave cargo con bandiera di Panama “Nivin”, malgrado analoga tipologia e colorazione di quella colpita ieri, che aveva invece come scalo programmato il porto libico di Misurata dopo aver toccato i porti italiani di Savona ed aver compiuto una variazione di rotta verso la Sardegna.
La nave che è stata colpita dalle forze del generale Khalifa Haftar, a questo punto con un drone o comunque con sofisticati quanto preciso sistema d’arma di cui teoricamente non dovrebbe essere in possesso l’LNA, ed il colpo rivendicato con un chiaro e breve messaggio affidato a Facebook sull’account dell’Esercito Nazionale (di liberazione) Libico: “La nave turca carica di armi e munizioni che aveva attraccato questa mattina al porto di Tripoli è stata distrutta”. L’attacco ha causato due immediate reazioni dalla parte del Governo di Accordo Nazionale (GNA), unico riconosciuto a livello internazionale e dalle Nazioni Unite. Il presidente del GNA, Fayez Al Sarraj, ha subito annunciato il ritiro dal tavolo della Commissione militare congiunta “5 + 5” che proprio ieri avrebbe dovuto iniziare a discutere a Ginevra per trovare un accordo di tregua e contenimento degli scontri tra le principali opposte fazioni. Si interrompe così il nuovo tentativo delle Nazioni Unite, sotto la cui guida si sarebbero svolti i lavori della commissione congiunta, per il raggiungimento del cessate il fuoco.
Altro effetto, conseguenza dell’attacco sferrato ieri mattina da Haftar nel porto di Tripoli, riguarda la National Oil Corporation (NOC) della Libia. Nel porto, nelle immediate vicinanze della nave colpita, secondo Mustafa Sanalla, presidente del NOC, era ormeggiata una nave cisterna adibita al trasporto di gas e carica. Se fosse stata colpita per errore, o l’esplosione della nave turca carica di armi e munizionamento (stando alla rivendicazione dell’LNA) avesse causato esplosioni a catena, nel porto di Tripoli si sarebbe potuta verificare una vera e propria strage. “L’attacco di oggi al porto di Tripoli – ha dichiarato ieri sera Mustafa Sanalla – avrebbe potuto causare un disastro umanitario ed ambientale con conseguenze significative su un’area urbana affollata come quella di Tripoli. La città non dispone di strutture operative per lo stoccaggio del carburante perché il magazzino principale della capitale è stato evacuato a seguito dei combattimenti nella zona in cui si trovava, Airport Road. Le conseguenze saranno immediate: ospedali, scuole, centrali elettriche e altri servizi vitali verranno interrotti. Condanniamo questo comportamento nei termini più forti possibili e chiediamo alla comunità internazionale di intervenire rapidamente per prevenire una grave escalation nel conflitto e per consentire al NOC di gestire le forniture di carburante”.
In seguito all’attacco sono state subito trasferite una nave cisterna che trasportava gas GPL ed una nave petroliera carica di carburante liquido che si trovavano nello stesso porto di Tripoli al momento del raid. Prima di togliere gli ormeggi però erano state evacuate dal personale che vi lavorava per il rischio di esplosioni o altro attacco meno preciso. Poi il rapido trasferimento. Il NOC sta esplorando modi alternativi per rifornire di carburante Tripoli e dintorni, essendo le navi un modo non più sicuro – o relativamente tale – per stoccare idrocarburi con cui fornire la capitale.
Haftar avrebbe quindi conseguito vari risultati con un solo colpo. In quanto parte non interessata all’interruzione di trattative per la cessazione delle ostilità – avendo raggiunto ormai il controllo di circa il 95% del territorio libico – ha adesso causato il ritiro della parte avversa rappresentata dal GNA di Sarraj. Con le conseguenze per la sicurezza annunciate ieri dal presidente del NOC ha anche “isolato” temporaneamente la capitale che dovrà adesso sospendere molti servizi essenziali ed affrontare le difficoltà logistiche di approvvigionamento idrocarburi. Infine pare abbia impedito la fornitura di armi e munizioni mettendo in crisi le forze della Turchia che, a fronte di un traffico illegale di armi in Stato sottoposto ad embargo, non potranno neanche reagire con una rappresaglia alla luce del sole. Tutto questo però si svolge in uno dei Paesi partner strategici dell’Unione europea, vicino geograficamente e commercialmente all’Europa ed in particolare all’Italia e nel quale è sempre in atto una grave crisi umanitaria.