di Mauro Seminara
Se pur assurdo, c’è chi ritiene meritevole di tempo e spazio in trasmissioni televisive e pagine di giornali lo scambio tra il presidente del Consiglio ed il leader dell’opposizione sulle telefonate e sulle risposte alle telefonate. Immagine plastica dello stato politico di questo Paese e dello scollamento tra la classe dirigente e la realtà. Nella vita reale ci sono infatti centinaia di casi di contagio da nuovo coronavirus che, più che vittime decedute (per fortuna il tasso di mortalità del virus è molto basso), sta decimando le microimprese del tessuto sociale del settentrione e rischia anche di espandersi come si sta espandendo la psicosi. La parola d’ordine è contenere la diffusione del virus, e con essa anche il crollo dell’economia reale ed il collasso del mercato finanziario con Piazza Affari che brucia miliardi ogni giorno che passa. Per riuscire nell’intento, almeno per una volta e per una buona causa, bisognerebbe che la nostra meritata classe dirigente si rimboccasse le maniche per una intensa e sana cooperazione. Senza distinzione di casacche e tenendo conto del prezzo che oggi si paga con il pasticcio del Titolo V della Costituzione che attribuì autonomia sanitaria alle Regioni con una riforma che al tempo venne spacciata – come sempre – per soluzione. Infatti, malgrado lo stato di emergenza nazionale, il Ministero della Salute si deve confrontare con ogni singola regione per ogni singola azione, perché ognuna è autonoma e differente nella gestione della salute pubblica.
A dar manforte all’espandersi della psicosi in Italia ci sono i media nazionali e locali, tutti a caccia di ogni singolo caso sospetto di nuovo contagio. Una sorta di gara a chi aggiorna per primo la classifica del disastro, tanto agguerrita da aver iniziato a dare per morto da nuovo coronavirus chi purtroppo se ne è andato davvero ma per altre cause. Il numero di vittime da normale virus influenzale è ancora molto più elevato di quello da COVID-19, ma di quei decessi sembra importare nulla a nessuno. In questo logorante bollettino di guerra che inizia all’alba e finisce a mezzanotte con i titoli dei giornali dell’indomani, la libertà delle persone è stata ridimensionata come neanche in piena guerra antiterrorismo. Tutto vietato per cautela. Agli italiani è infatti data fiducia come ad un bambino per le cose importanti che solo gli adulti possono gestire. Così, regione dopo regione, anche quelle che non fanno parte del focolaio virale, emettono ordinanze di chiusura di scuole ed università, musei e teatri, e sospendono fino a data da destinarsi anche manifestazioni pubbliche di ogni genere, esami e concorsi inclusi. L’imperativo è contenere la diffusione del virus 2019-nCoV a tutti i costi. Ed ormai mancano solo le ronde che circolano per le strade con i blindati.
Per quanto possa apparire assurdo, sembra che qualcuno ritenga però il contagio un fenomeno che colpisce soltanto una certa ideologia politica. Tanto è che in piena redazione di ordinanza di chiusura e sospensione eventi, manifestazioni ed attività pubbliche, si concede il lusso elitario di un raduno di raccolta fondi per il partito. Il raro colpo di genio è avvenuto in Liguria, dove lo stesso presidente di Regione che ha firmato l’ordinanza da coprifuoco, ed invitato la cittadinanza a restare chiusa in casa, ha poi partecipato all’eccezione in un padiglione della Fiera di Genova nel quale si erano radunati in appena 1.500 per la gioia dei virus di ogni genere. Era la cena di raccolta fondi della Lega e la star della serata era il segretario Matteo Salvini. Una cena che pare essere ben riuscita visto il sorriso con cui si sono immortalati in un selfie Matteo Salvini, il presidente di Regione Giovanni Toti e l’ex sottosegretario leghista – condannato per peculato – Edoardo Rixi. Un evento importante per la Lega e per il presidente della Liguria, Giovanni Toti, che è ormai prossimo alla fine del suo mandato. Tanto importante da non poter essere sospeso come tutte le altre attività negate con ordinanza regionale per l’emergenza coronavirus. Nel frattempo continua la speculazione su chi avrebbe fatto meglio per proteggere i confini nazionali, questa volta da un virus.