di Vittorio Alessandro
Che la mafia abbia ripreso a sparare (ieri l’ennesimo omicidio a Belmonte Mezzagno, vicino Palermo, vittima un incensurato) è una bella seccatura. Per non parlare delle vittime, dei familiari e delle comunità colpite, il fatto costituisce un fastidio per gli accaniti persecutori del “professionista dell’antimafia”. La gran fatica di rintracciarlo e di segnalarlo alla pubblica opinione (anche quando abbia subito un attentato come è successo, per esempio, a Giuseppe Antoci) non lascia molto tempo per capire il professionismo mafioso, quanto la mafia sia tuttora ben viva, aggiornata ai nuovi schemi del potere e della finanza, ben radicata anche al Nord.
Come si faccia a non parlarne è semplice: basta attribuire gli omicidi alle solite “faide interne”, non accorgersi di come proceda l’assegnazione di incarichi e finanziamenti pubblici agli “amici”, mantenere in funzione i collaudati filtri del silenzio e della distrazione.
Visto che si muore un po’ di tutto e ogni giorno, i “professionisti dell’antimafia” ci lascino almeno vivere in santa pace, senza turbare l’immagine della nostra bella Sicilia.
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