Professione mafia

di Vittorio Alessandro

Che la mafia abbia ripreso a sparare (ieri l’ennesimo omicidio a Belmonte Mezzagno, vicino Palermo, vittima un incensurato) è una bella seccatura. Per non parlare delle vittime, dei familiari e delle comunità colpite, il fatto costituisce un fastidio per gli accaniti persecutori del “professionista dell’antimafia”. La gran fatica di rintracciarlo e di segnalarlo alla pubblica opinione (anche quando abbia subito un attentato come è successo, per esempio, a Giuseppe Antoci) non lascia molto tempo per capire il professionismo mafioso, quanto la mafia sia tuttora ben viva, aggiornata ai nuovi schemi del potere e della finanza, ben radicata anche al Nord.

Come si faccia a non parlarne è semplice: basta attribuire gli omicidi alle solite “faide interne”, non accorgersi di come proceda l’assegnazione di incarichi e finanziamenti pubblici agli “amici”, mantenere in funzione i collaudati filtri del silenzio e della distrazione.

Visto che si muore un po’ di tutto e ogni giorno, i “professionisti dell’antimafia” ci lascino almeno vivere in santa pace, senza turbare l’immagine della nostra bella Sicilia.

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Ammiraglio in congedo, è stato a lungo responsabile della comunicazione della Guardia costiera e del reparto ambientale delle Capitanerie. Ha curato l’informazione istituzionale in occasione delle migrazioni via mare nel 2011 e del sinistro della Costa Concordia nel 2012; ha guidato la missione ambientale italiana Bahar in Libano nel 2006. Dal 2012 al 2017 ha presieduto il Parco Nazionale e l’Area marina protetta delle Cinque Terre. Nel 2014 ha pubblicato “Puntonave” (Mursia editore) e dal 2012 cura l’omonima pagina su Facebook.

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