Caso Mario Biondo, la famiglia querela il medico legale

Denunciato il medicolegale che aveva effettuato la prima autopsia italiana sul giovane cameraman palermitano. La Procura Generale della Repubblica aveva richiesto l'archiviazione dopo avere avocato il caso ma senza tenere conto di aspetti fondamentali che avevano dimostrato anomalie ed altri che avevano inquinato l'indagine. La famiglia Biondo ha depositato opposizione all'archiviazione

di Mauro Seminara

Quello di Mario Biondo, il giovane cameraman deceduto in circostanze ancora non rivelate il 30 maggio 2013 a Madrid, è un caso che – come lo definisce il padre – “urla giustizia”. Ma alla verità sui decessi sospetti di italiani all’estero, come dimostra il più recente caso di Giulio Regeni, gli italiani si sono ormai disabituati. A resistere, contro tutto e tutti, anche per questo drammatico ed oscuro episodio, sono i familiari. Ma da soli. Senza sostegno di alcun genere e costretti ad impegnare ogni risorsa, fino al completo impoverimento, per lottare contro il lassismo istituzionale. La famiglia Biondo, a distanza di ormai quasi sette anni dall’accaduto, si trova adesso a doversi opporre alla richiesta di archiviazione depositata dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Palermo – che aveva avocato il caso dopo la richiesta di archiviazione della Procura di Palermo – ed a depositare esposto, presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta contro il medicolegale che aveva effettuato la prima autopsia del figlio Mario in Italia, il dottor Paolo Procaccianti.

Il caso di Madrid, chi è Mario Biondo

Mario Biondo è un giovane palermitano innamorato della vita e fortemente appassionato del proprio lavoro. Un cameraman che, come molti giovani del sud Italia, è costretto a lasciare Palermo per inseguire altrove le proprie ambizioni. Partecipa come tecnico ed operatore di ripresa alla versione spagnola del format reality “L’Isola dei famosi” e sul set riscontra l’apprezzamento di tutti i colleghi, ma anche quella di una nota conduttrice televisiva. Tra i due esplode la passione ed al termine delle riprese il cameraman ha le chiavi di casa della donna per attenderla nella sua residenza di Madrid. Ben presto i due decidono di sposarsi e celebrano nozze degne di un personaggio VIP – lei – nella meravigliosa Taormina, in Sicilia. Undici mesi dopo le nozze accade però qualcosa che ancora oggi non trova spiegazione e che viene perentoriamente liquidata come suicidio. Il 30 maggio del 2013 Mario viene trovato nella sua abitazione privo di vita, con un foulard a reggergli il collo e le gambe  che si distendono verso il pavimento troppo vicino perché possa essersi impiccato. Dopo il ritrovamento del corpo, la polizia spagnola non effettua i rilevamenti del caso ed il medico legale lo liquida immediatamente come suicidio. I fatti confuteranno presto la tesi, ma a distanza di quasi sette anni il caso  colleziona due richieste di archiviazione.

La presunta dinamica del decesso

C’è una struttura a mensole sospese, di quelle sorrette da un telaietto metallico e ripiani poggiati ad incastro sopra. Sulle mensole c’è di tutto, dai compact disc ai souvenir e suppellettili di ogni sorta. Ci sono anche delle foto, dei nipoti di Mario. La scena che si presenta a chi ha trovato il corpo esanime di Mario Biondo dovrebbe apparire immediatamente surreale, ma così non verrà relazionata. Mario è alto circa un metro e ottanta centimetri e pesi più o meno 80 Kg. Il suo corpo ha una postura improbabile ed intorno al suo collo non c’è un cappio. Il foulard al quale è poggiata la mandibola ha la stessa comodità di quello che dal collo sorregge un braccio contuso o fratturato per evitarne lo sforzo quando si va in giro doloranti. Non c’è un nodo in prossimità del collo, ed anche la distanza da terra del corpo di Mario è tale da mostrare gambe che rispetto al bacino assumono un angolo di circa 45 gradi. In poche parole, i piedi di Mario toccano abbondantemente terra. Secondo le conclusioni delle autorità spagnole, Mario si sarebbe tolto la vita senza stringersi nulla al collo per causare l’asfissia, senza sospendere il corpo con un cappio posto ad altezza tale da non poter toccare terra e facendo ausilio di una serie di mensole che forse non avrebbero neanche potuto reggere la pressione del suo peso spinta forzatamente verso il basso. Stando alle autorità, Mario Biondo si sarebbe tolto la vita con un metodo equivalente al tapparsi il naso e chiudere la bocca da solo per trattenere il respiro fino al sopraggiungere del decesso.

La querela al dottor Procaccianti

La Spagna ha chiuso la vicenda con una relazione medicolegale che avrebbe dovuto tenere conto di una autopsia completa. Giunta in Italia la salma del presunto suicidato, la famiglia ottiene che la Procura apra un’inchiesta sul caso ed a seguito dell’indagine italiana viene riesumato il corpo di Mario Biondo per una seconda autopsia. Delegato dalla Procura della Repubblica di Palermo è il dottor Paolo Procaccianti. Anche l’attività inquirente sul corpo di Mario, secondo quanto rilevato dal dottor Procaccianti, si conclude con l’ipotesi del suicidio ma non senza incredibili rivelazioni. In Spagna non sono state eseguite le azioni medicolegali in autopsia come riportate in relazione. La relazione spagnola risulta falsa come una delle firme del medico forense incaricato. Il dottor Procaccianti quindi critica il collega spagnolo, ma poi accade qualcosa che pone in grave sospetto lo stesso medico italiano. La famiglia di Mario Biondo, nel 2016, finalmente in possesso delle foto del ritrovamento del corpo del figlio, nota che Mario ha un vistoso ematoma sulla tempia sinistra. Il ritardo è dovuto alla scarsissima collaborazione delle autorità spagnole che, oltre al pregiudizio manifestato sul caso, non hanno inteso offrire piena collaborazione sulle indagini. Tra le defezioni ispaniche anche la trasmissione parziale, con notevole ritardo ed in bassa risoluzione, delle foto scattate sulla scena del ritrovamento di Mario.

Dalle foto si evince comunque il livido sulla tempia e molti altri dettagli di estrema rilevanza ai fini dell’indagine. Ancora una volta sono i familiari i promotori di ulteriori indagini sul caso che in sedi competenti viene trattato con apparente superficialità. Alla luce del dettaglio rilevato mediante la foto della tempia di Mario, fotografata come particolare rilevante dalla polizia spagnola, tanto da sollevare i lunghi capelli del giovane al fine di ritrarre meglio il livido sospetto, la famiglia Biondo si ritrova a dover contestare la relazione del dottor Procaccianti che della tempia non fa dovuta menzione (perché la Spagna non aveva ancora fatto avere alla Procura di Palermo le foto del ritrovamento che sono arrivate a gennaio 2016). La discordanza consisteva nella definizione dell’area, da parte di Procaccianti, quale semplice patina brunastra che veniva poi contestata dal professor Milone, consulente di parte della famiglia. Viene quindi richiesta una comparazione genetica del campione, definito prima “induito brunastro” ed “ife fungine” da fenomeno putrefattivo post-mortem poi, secondo il dottor Paolo Procaccianti che in una relazione integrativa ridefinisce il livido nella zona della tempia sinistra. Da qui inizia un vero percorso labirintico in cui emerge il motivo della querela al dottor Procaccianti.

Tra i campioni consegnati dal medicolegale della Procura ad una anatomopatologa di parte della famiglia Biondo si scopre la presenza di molti inclusi che riportavano inizialmente il codice 51/13 poi modificato in modo palese, con sovrascrittura, in 57/13. L’uno era stato corretto in sette, ma 57/13 erano i campioni di tessuto di Mario e 51/13 appartenevano ad altro soggetto. La manomissione numerica, ambigua in modo grave ai fini di una delicatissima indagine, finisce al Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS) dei Carabinieri di Messina. Dal decesso di Mario Biondo sono già trascorsi sei anni e siamo al 16 aprile del 2019 quando la relazione del RIS di Messina esclude la compatibilità tra i vetrini e i campioni codificati con il codice 57/13 e quelli codificati con il 51/13 poi corretto con sovrascrittura. Un dettaglio, come già detto, di grave rilievo nell’ottica dell’inquinamento di una indagine che dell’assenza di prove contrarie all’ipotesi suicidaria aveva fatto cardine per l’archiviazione. Tutta l’inchiesta andava quindi ripercorsa, ma la Procura Generale ha ignorato questo aspetto come si trattasse di un dettaglio di scarsa rilevanza. La possibilità che Mario Biondo abbia subito un grave colpo alla tempia sinistra prima del decesso per improbabile suicidio – ragioni che verranno definite in seguito – è stata quindi esclusa.

Le indagini della Procura Generale e quelle richieste alla Procura di Caltanissetta

Il professor Paolo Procaccianti è quindi oggetto di esposto depositato presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta il 28 febbraio di quest’anno. La famiglia Biondo ha bisogno di sapere se gli esami condotti da Procaccianti e quelli condotti dal professor Fineschi sui campioni forniti da Procaccianti riguardino davvero il corpo di Mario oppure del tutto inutilizzabili ai fini dell’inchiesta in quanto appartenenti ad altro soggetto. Incaricata la Procura di Caltanissetta di una indagine sul caso, ai pm nisseni è stata inoltre affidata altra grave incombenza da parte della famiglia di Mario: accertare la correttezza delle indagini da parte delle procure di Palermo. In sintesi di esposto depositato a Caltanissetta, la famiglia Biondo afferma che si ritiene possano sussistere dei profili di rilevanza penale in capo al professor Procaccianti. Stranamente i pubblici ministeri Domenico Gozzo e Rita Fulantelli non hanno menzionato nella richiesta di archiviazione i risultati dei RIS che confermano la incompatibilità dei reperti. Gozzo e Fulantelli sono i sostituti procuratori della Procura Generale di Palermo che, dopo aver avocato il caso che la Procura di Palermo voleva archiviare, il 16 gennaio 2020 hanno anch’essi presentato le conclusioni con richiesta di archiviazione dell’indagine presso l’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Palermo. Richiesta di archiviazione alla quale la famiglia di Mario si opposta presentando richiesta contraria allo stesso GIP in data 10 febbraio 2020.

Sulla scorta delle perizie, valide o meno, e delle indagini condotte in modo parziale dalla Procura di Palermo era stata chiesta l’archiviazione del caso. All’opposizione proposta dai familiari di Mario Biondo, motivata e corredata di una meticolosa azione investigativa condotta mediante professionisti di indiscutibile capacità, la Procura Generale aveva avocato il caso ritenendo pertanto valide le contestazioni di parte. Alcune delle quali, con particolare attenzione, sottolineate nella stessa relazione conclusiva con la quale veniva poi chiesta al GIP l’archiviazione. Tra queste motivazioni, tutte estremamente valide, risaltavano le incongruenze tra quanto affermato dalla vedova di Mario e quanto realmente accaduto, come le manomissioni del computer di Mario dopo la sua morte e negate dalla moglie che ne aveva piena disponibilità e, soprattutto, l’impossibilità scientificamente dimostrata che il corpo di Mario, sopraggiunta la morte, potesse rimanere nella posizione in cui è stato trovato. A questo aspetto, ed al fatto che la Procura inquirente non ha dato rilievo prima di chiedere l’archiviazione, ha dato ampia rilevanza la Procura Generale prima di concludere anch’essa con una richiesta di archiviazione.

Le fotografie trasmesse dalla Spagna, non tutte e molto tempo dopo, hanno permesso ai periti di parte nominati dalla famiglia Biondo di analizzare molti aspetti fondamentali del presunto suicidio. L’esito delle analisi condotte da specialisti, incluso un esperto in antropometrica, concordavano sulla tesi dell’omicidio scartando quella del suicidio avallata dal professor Procaccianti principalmente sulla base del fatto che le braccia ed altre parti del corpo di Mario non presentavano segni di difesa da aggressione. Ciò che di fatto sfuggiva agli inquirenti spagnoli, a quelli italiani della Procura di Palermo e poi, stranamente, anche a quelli della Procura Generale, era infatti la prima cosa che saltava agli occhi di chiunque. Non si tratta però di facili deduzioni da “tuttologi” ma di calcoli fisico-matematici, scientificamente provati, secondo cui il professor Cusimano, perito di parte dei familiari, ha escluso la possibilità che Mario possa essersi tolto la vita ed accreditato invece l’omicidio. In estrema sintesi, sulla base dei calcoli condotti dagli esperti, se il corpo di Mario non fosse stato posto in quella posizione dopo il sopraggiunto rigor mortis sarebbe stato scientificamente impossibile che vi fosse potuto rimanere. A fronte di tale inconfutabile perizia, assai rilevanti diventano le false dichiarazioni delle persone coinvolte nella morte di Mario, come sua moglie Raquel Sanchez Silva che aveva dichiarato di trovarsi a 300 km di distanza da Madrid mentre in realtà la notte dell’omicidio-suicidio si trovava proprio a Madrid. Purtroppo, doverosa precisazione, l’autorità inquirente madrilena non ha concesso a quella palermitana i tabulati telefonici della Sanchez Silva e neanche la tabulazione di celle telefoniche cui il telefonino della vedova si era agganciato quella notte. Questa negativa dalla Spagna all’Italia non ha quindi permesso di scoprire dove realmente la moglie di Mario si trovasse quella notte. Non sono però mancate le contraddizioni rese del corso di interrogatorio da parte di Raquel Sanchez Silva.

La Procura Generale presso la Corte d’Assise di Palermo aveva infatti assunto la seguente sequenza di false dichiarazioni della vedova Biondo, la starlet televisiva Raquel Sanchez Silva: Falsa dichiarazione sul luogo in cui si trovava la notte del decesso del marito; false dichiarazioni rese sui rapporti con il marito e false dichiarazioni su presunti contatti del marito con spacciatori, volte ad infangarne la memoria oppure a depistare le indagini; false dichiarazioni della vedova e del cugino di essa sugli accessi effettuati sul computer di Mario Biondo da cui sono stati cancellati 996 Gb di dati; falsa dichiarazione della vedova sulla conoscenza dell’assicurazione sulla vita del marito; falsa dichiarazione della vedova Raquel Sanchez Silva e della cameriera dei coniugi Biondo sull’orario del ritrovamento del corpo di Mario. Una lunga sfilza di anomalie che avrebbero permesso ad ogni inquirente di ottenere quanto necessario per istruire un processo, o quantomeno non giungere a richiesta di archiviazione. Stranamente invece non sono presenti nella richiesta di archiviazione depositata dalla Procura Generale del 16 gennaio 2020 – dopo quasi sette anni dal presunto omicidio – e neanche la prova principe che esclude l’ipotesi di suicidio (puntualmente argomentata dal professor Cusimano) ne fa parte. La posizione del corpo di Mario ed il dettaglio, che fino a questo momento non abbiamo citato, che rende inverosimile – quale controprova – che il giovane cameraman possa essere morto li dove è stato trovato: come confermato dagli esperti incaricati di indagine dalla famiglia Biondo, nel caso in cui il loro giovane figlio fosse morto sospeso a quella libreria, il corpo avrebbe subito contrazioni da spasmi muscolari conseguenti all’asfissia che avrebbero causato movimenti analoghi, per tipologia ed intensità, ad un sima di magnitudo 2.0 gradi. Cioè, dalla libreria sarebbe caduto di tutto. Invece ogni oggetto è stato trovato – e fotografato – esattamente al suo posto.

A questo punto ci sono due ipotesi: Mario non è morto con un foulard al collo e poggiato alla leggera libreria ma si è ucciso altrove e poi si è posizionato da morto li dove lo hanno trovato oppure Mario è stato ucciso e poi è stato maldestramente simulato un suicidio. Tra le due ipotesi, la prima grottesca e la seconda supportata scientificamente, c’è una certezza: la famiglia di Mario Biondo non può accettare che se il figlio sia stato ucciso venga chiusa la vicenda con un suicidio senza colpevoli se non il loro ragazzo. E certo non si possono accollare che tra le motivazioni di richiesta archiviazione da parte della Procura Generale ci sia quella secondo cui il caso si chiude perché tanto non si può rinviare a giudizio alcun cittadino straniero in Italia invece di procedere in giudizio per accertare se si è trattato di omicidio come tutto fa supporre.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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