di Mauro Seminara
Ci siamo ormai tristemente abituati alla cadenza di un Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri (DPCM) ogni due o tre giorni e se per quattro giorni non vediamo Conte in conferenza stampa – che conferenza stampa non è più – ci preoccupiamo forse più di quando ha qualcosa da dire. Ma i DPCM di Conte sono solo una parte del problema. Si potrebbero definire come la cosiddetta punta dell’iceberg. Pur essendo una parte del problema di estrema gravità, sotto questa ci sono poi tutte le ordinanze regionali e comunali che stanno causando confusione nella popolazione ormai in preda ad uno Stato regionalizzato. Una sorta di confederazione di regioni che si è manifestata in prima battuta con il disastro del Titolo V della Costituzione, reso da una insensata riforma costituzionale il delirio delle autonomie regionali in materia di Sanità pubblica, e poi con l’appello di ogni presidente di regione ed ogni sindaco alle proprie prerogative che proprio in un momento di emergenza nazionale andavano accantonate a beneficio di una linea unica e condivisa.
L’avvitamento istituzionale che ne sta conseguendo, per fare un esempio attuale, lo si sta vedendo in modo pratico su uno dei confini geografici interni dell’Italia. A Messina sta andando in scena, in modo anche piuttosto plateale, la secessione del Paese mediante Decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri, ordinanze della Presidenza della Regione ed infine anche ordinanze comunali. Questa mattina, secondo un’agenzia di stampa (AGI delle 10:32), a Villa San Giovanni, principale punto d’imbarco calabrese verso la Sicilia, ci sono circa 100 persone che non riescono a tornare a casa. Il Governo di Roma, e quelli regionali e locali, non stanno tenendo conto delle conseguenze delle chiusure delle attività commerciali e delle condizioni in cui è stato precipitato il tessuto economico del Paese, quindi dell’indigenza cui vengono costrette persone che a questo punto non si possono permettere di risiedere dove la vita è più cara mentre il motivo di residenza viene meno come il reddito. “Un centinaio persone, giunte a bordo di una cinquantina di automobili, è bloccato a Villa San Giovanni (RC) senza poter traghettare in Sicilia, per effetto delle ultime restrizioni dettate dal governo per contenere il contagio del coronavirus”, recita l’agenzia.
Precisa inoltre l’AGI che “Si tratta di cittadini residenti in Sicilia, tra i quali anche una ventina di minorenni, che cercavano di raggiungere le loro abitazioni“. L’agenzia raccoglie inoltre altri aspetti del fenomeno di “sequestro” inverso ai danni di cittadini italiani: “Tra loro, secondo quanto si apprende, operai che lavoravano al Nord e si sono trovati senza lavoro e senza casa per effetto della chiusura delle fabbriche disposta dal governo, ma anche un gruppo familiare di etnia rom che ha la residenza in Sicilia“. Mentre il sindaco di Messina, Cateno De Luca, segue in scia l’attacco del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci rivolto al Ministero dell’Interno sui controlli agli imbarcaderi dello Stretto per impedire a chiunque di entrare in Sicilia, dall’altra parte del mare che separa due regioni dello stesso Stato ci sono dei siciliani che non riescono a tornare a casa perché la psicosi da contagio è divenuta responsabilità unica dei cittadini italiani privati di sostentamento prima e di casa dopo. Queste persone sono state bloccate dalle forze dell’ordine che, attenendosi alle disposizioni dei decreti governativi, non hanno riconosciuto loro le cosiddette comprovate motivazioni obbligatoriamente pretese dal Governo per muoversi sul territorio. “A sbarrare la strada – aggiunge l’AGI – anche le ordinanze della Regione Sicilia e del sindaco di Messina”.
Secondo il governatore siciliano Nello Musumeci, questa mattina in collegamento con un programma televisivo in onda su Rai Uno, la vicenda dei siciliani bloccati in Calabria è triste e dolorosa ma il problema – che per il presidente di Regione è solo a carico del Ministero dell’Interno – è che queste persone non sarebbero neppure dovute arrivare fino a Villa San Giovanni e che “chi si mette in viaggio lo fa sapendo di trasgredire una norma, che prima era del presidente della Regione Siciliana, poi della Calabria e infine del Governo nazionale“. Il problema è quindi solo ed unicamente la colpa dei siciliani che, non avendo più un lavoro, vorrebbero tornare in un contesto in cui è loro più probabile la sopravvivenza economica: a casa. I decreti del Governo, le ordinanze regionali ed infine quelle comunali però non prevedono – perché non possono – interventi nella regolamentazione emergenziale dei contratti privati come quelli di locazione di un appartamento, o di una camera, da proprietario a inquilino indigente. Tanto è che per i 167 italiani che si trovavano a Malta è stato posto in deroga un trasporto “speciale”, su catamarano adibito a trasporto merci, per il rientro in Italia essendo stata annunciata la possibilità di espulsione degli stranieri indigenti da parte del Governo di La Valletta e non essendo comunque garantita piena assistenza sanitaria in territorio maltese.
Le istituzioni italiane, ad ogni livello, si stanno quindi avvitando in un insieme di norme eccezionali che pare tengano conto soltanto del rischio di contagio. Nel frattempo ci sono degli italiani fermi a Villa San Giovanni che sembrano dei profughi che tentano la traversata dalla costa della Turchia a quella della Grecia con le navi europee che gli sbarrano la strada senza curarsi delle conseguenze. Una di queste riguarda il trasporto delle merci che, mentre i siciliani bloccati in Calabria danno vita ad una manifestazione di protesta contro il divieto di imbarco, risentono della congestione sulla via degli imbarcaderi con conseguente rallentamento delle consegne. Per il sindaco di Messina però l’unico vero problema sembra essere la partita politica tra i due amministratori siciliani – lo stesso De Luca e Musumeci – ed il Ministero dell’Interno. De Luca lamenta attacchi alla sua sindacatura ed a quella del presidente di Regione