di Vittorio Alessandro
Questa è la prima pagina di Avvenire di oggi. I dodici morti della scorsa Pasquetta, giovani tra i 18 e i 25 anni, erano scappati con altre 51 persone da Sabratha, in Libia, tra il 9 e il 10 aprile. Rimasti alla deriva, erano stati quasi subito individuati da un aereo di Frontex, la Guardia di Frontiera europea, in un punto che una motovedetta coprirebbe in un’ora partendo da Lampedusa e in due ore giungendo da Malta. Non disponendo più di navi, l’Agenzia Frontex ha informato le autorità italiana e maltese, ma nessuna di loro è intervenuta per quattro giorni: carte nautiche alla mano, sarebbe toccato a Malta che, in tempi di coronavirus, conta quasi duemila migranti nei centri di detenzione.
Soltanto una grossa portacontainer si è accostata al barcone, con il mare che faceva onde di due metri, senza però poter fare nulla dall’altezza delle sue murate. Sette ragazzi, quelli della foto, lanciatisi disperatamente in acqua verso la nave, sono stati inghiottiti mentre il mercantile ripartiva alla volta di Genova, lasciando i superstiti fra quelle onde: chissà se qualcuno lo ha accusato di avere omesso il soccorso.
Infine, Malta ha mandato sul posto una imbarcazione che sarebbe un peschereccio, ma non lo è, o una unità di soccorso, ma non lo è. Si sa solo che quella nave fantasma ha preso a bordo i naufraghi per respingerli in Libia. Cinque di loro, allo stremo, sono giunti in porto ormai morti; i sopravvissuti sono stati internati nei campi di detenzione.
Qui si chiude la storia di morte e di ipocrisia della scorsa Pasquetta.