di Mauro Seminara
Come per i bambini che coprendosi gli occhi si credono nascosti alla vista altrui, l’Italia ha “pensato” che non soccorrendo i migranti in acque internazionali questi non ci fossero oppure avrebbero rinunciato ad arrivare. Il periodo Minniti – apripista dell’inversione di tendenza italiana dal punto di vista umanitario – e quello successivo di Salvini, con i porti chiusi del suo predecessore portati avanti a suon di propaganda, hanno prodotto una non gestione del fenomeno migratorio che adesso tocca il punto più basso con il Ministero dell’Interno di Luciana Lamorgese, membro del Consiglio dei ministri del Governo Conte bis. Mentre il governo italiano punta tutto sul fermo amministrativo delle ultime due navi Ong che solcavano il mare e sulla chiusura dei porti – con plauso italiano – a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, la stagione del Mediterraneo mite e le evoluzioni politiche in nord Africa hanno prodotto la prima vera flotta contemporanea di barconi diretti in Europa con tutte le conseguenze del caso.
Delle navi della Guardia Costiera “Diciotti“, “Dattilo”, “Gregoretti” e dintorni non si ha più notizia da quando sono state tacciate di “pull factor” (fattore di attrazione per i migranti) come le Ong oppure semplicemente di essere strumento di facilitazione per lo sbarco in Italia di quelli in pericolo e da soccorrere. La Guardia Costiera in generale, come la Guardia di Finanza, comunque non operano più oltre le 12 miglia se non per eventi legati a pescatori italiani o diportisti senza limiti di discrezione della nazionalità. Oltre le acque territoriali, anche quelle di Lampedusa, le barche cariche di migranti non sono affare italiano ed anche se in evidenza di imminente pericolo è negata l’autorizzazione di intervento di quelli che un tempo furono gli “angeli del mare”. Il risultato però è arrivato comunque e la propaganda, o il silenzio della stampa nazionale allineata con questo governo, non lo possono cancellare. Risultato che si vede in Sicilia, come sempre lasciata sola nel dover fronteggiare le conseguenze di insane decisioni romane, siano esse “democratiche” o leghiste.
Un evento, ancora da chiarire e di cui parleremo in altro articolo, ha “investito” Palma di Montechiaro, comune della provincia di Agrigento. Circa 400 persone, secondo le agenzie, sarebbero arrivate in spiaggia – e poi dileguatesi nel territorio – dopo un presunto “sbarco da nave madre” che non si sa come le autorità marittime possano essersi perse, sia prima che dopo lo sbarco. Una barca che trasporta circa 400 persone, salvo che non sia una “barca fantasma” da 3.500 cavalli in su nel suo motore, difficilmente può lasciare l’area e rendersi irreperibile alle ricerche di uno Stato che vanta assetti navali velocissimi, copertura aerea, ricognizioni Frontex ed anche – almeno in teoria – un servizio di intelligence che una volta era in grado di segnalare partenze di massa su una sola barca, come in questo caso, ancora prima che queste prendessero il largo dalla costa nord dell’Africa. Resta comunque da capire come sono stati stimati i “circa 400” di cui non si è vista la barca “nave madre” e per i quali si sono perse le tracce di una buona parte. Anche Lampedusa rischia adesso di collassare. Anch’essa abbandonata a passiva amministrazione del Governo centrale e autolesionistiche ordinanze regionali e comunali.
Lampedusa ha accolto, involontariamente e non felice di farlo, tra accesi malumori diffusi nella popolazione, una serie di barche che sono arrivate in autonomia fino alle acque territoriali italiane che la circondano. Un flusso autonomo ed incontrollato che mette la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza nella sola modesta condizione di dover fermare e condurre in porto le barche di migranti per mezzo miglio che le separa dal traguardo ed a volte assistere al loro arrivo con ormeggio autonomo nelle vicinanze delle motovedette fermamente legate alle rispettive bitte. Dopo i 40 migranti tunisini arrivati ieri sera, un’altra barca ha colto alla sprovvista l’isola su cui sono ormai stanziali 4 motovedette SAR classe 300, un pattugliatore classe Bigliani, tre motovedette veloci di minori dimensioni per le Fiamme Gialle ed un paio per la Guardia Costiera. A questo inutilizzato ma imponente assetto navale si aggiungono poi le ricognizioni di supporto che i velivoli dell’agenzia europea svolgono ogni giorno ed ogni notte grazie al budget di un Frontex che sembra sempre più autonoma e slegata dall’Unione europea che le ha dato vita, sia economicamente che a livello decisionale.
Quindi a Lampedusa, intorno alla mezzanotte appena trascorsa, è arrivata un’altra piccola barca con migranti che nessuno aveva visto o intercettato al largo. Approdo autonomo e fermo a terra da parte della forze dell’ordine, che però ne trovano 12 e scoprono ore più tardi che sulla barca erano forse 15. Altri tre migranti sono stati infatti intercettati a terra ore dopo. Tutti al centro di accoglienza, dove già ieri sera erano stati condotti i 40 cui doveva essere fatto immediatamente un tampone che per motivi ancora non del tutto chiari ancora ieri sera non era stato effettuato. Con la conseguenza che l’esito questa mattina non lo si poteva avere. Ma ormai erano stati condotti in struttura e se il tampone c’era o no cambiava poco. Nella stessa struttura di Contrada Imbriacola sono stati condotti i 15 approdati in località Cala Greca ed adesso andranno nello stesso centro di prima accoglienza i 52 approdati in autonomia a Linosa. Nel centro, ex “hotspot” di Lampedusa ci sono adesso 107 persone, frutto di una improbabile gestione dei luoghi di prima accoglienza e delle quarantene discrezionali.
Nella struttura di prima accoglienza di Contrada Imbriacola in Lampedusa ci sono 96 posti utili. I primi ad accedervi da quando era stata evacuata l’isola – mediante due navi e due motovedette – erano stati la donna evacuata dalla barca fantasma maltese, a cui l’Italia ha negato un porto per ben cinque giorni, ed il nucleo familiare arrivato ieri mattina in autonomia sull’isola. Queste 7 persone migranti sarebbero dovute rimanere 14 giorni in struttura, secondo il protocollo attuato nelle ultime settimane e condizionato anche dalla ordinanza comunale. Questa mattina però hanno lasciato l’isola a bordo della nave traghetto Sansovino, che ieri ha effettuato la sua prima corsa – arrivando stamane a Lampedusa – da quando la continuità territoriale delle Pelagie era stata ridotta ad una sola nave: la Cossyra. Il nucleo familiare tunisino e la donna di nazionalità camerunense ci risultano quindi aver lasciato struttura ed isola per un trasferimento in Sicilia, e nel centro di prima accoglienza ci sono così 107 persone, che stanno anche un po’ strette considerando ciò che da anni ormai rimane dell’ex hotspot europeo.
Questi, già arrivati e sufficienti per una saturazione di un sistema di prima accoglienza italiano impreparato, inadeguato, sono soltanto quelli che già hanno messo piede a terra. In mare però ci sono altre segnalazioni di barche, in pericolo e cariche di migranti. Se già gli arrivi sono incontrollati, anche sotto il profilo sanitario, con presunte centinaia di persone sparse per la provincia di Agrigento dopo uno sbarco da una presunta nave madre, ancora più inadeguata appare adesso la gestione delle barche che si trovano in mare e di cui si ha notizia grazie alle segnalazioni di Alarm Phone o delle quali si può intuire la presenza mediante i tracciati con le orbite di ricognizione del giornalista Sergio Scandura. Il governo che pensava di aver fatto meglio del ministro Salvini, chiudendo ancora più la porta in faccia ai propri doveri costituzionali ancor prima che ai migranti, ma senza fanfara da propaganda leghista, sta adesso facendo i conti con la realtà. Oggi più che mai, oltre alla Marina Militare ed alle grandi navi della Guardia Costiera, sarebbero preziose le navi delle Organizzazioni non governative come la Alan Kurdi e la Aita Mari per regolamentare i flussi di arrivo con opportuno triage sanitario ed identificazione. Entrambe le navi Ong sono invece ferme a Palermo per motivi amministrativi, mentre a sud di Lampedusa pescherecci fantasma maltesi soccorrono, respingono migranti oppure ancora rimangono al largo, esposti al pericolo di una burrasca, senza avere alcun requisito da unità navale predisposta per le operazioni SAR.
Nella foto in basso la motovedetta SAR CP312 della Guardia Costiera arriva a Lampedusa con i 52 migranti che erano sbarcati a Linosa
Commenta per primo