di Mauro Seminara
Si parlava di una barca in legno, che poi si è rivelato essere un gommone, e “forse” due bambini vittime anch’essi del naufragio che si è consumato ad appena sei miglia da Zawya. Soltanto dieci chilometri dalla costa della Libia. La notizia è stata poi confermata anche da organismi come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, anche se le autorità libiche avevano inizialmente risposto negativamente alla richiesta di Alarm Phone che, ricevuta una chiamata da un parente dei migranti naufragati – afferma la centrale civile di allarme per soccorso marittimo – aveva denunciato il probabile naufragio. Oggi, a distanza di tre giorni da quella ennesima strage, la Mezzaluna Rossa – la Croce Rossa nei Paesi arabi – ha annunciato che sulla spiaggia di Sorman, pochi chilometri ad ovest della città di Zawya, è stato rinvenuto il corpo di una bambina.
La notizia è stata lanciata da Al Hadaf News, che ha rilanciato l’annuncio del comitato locale di Sorman della Mezzaluna Rossa e la foto – straziante – della bambina ancora avvolta nella sua tutina. Il naufragio aveva causato la morte di 12 persone sulle 30 (dalle prime informazioni erano risultate 32) che avevano fatto naufragio a breve distanza da Zawya. I superstiti erano infine risultati 18 invece che 20, ma erano state confermate le 12 vittime e tra esse i due bambini. Una delle due innocenti vittime della repressione delle migrazioni, e dei trafficanti in secondo luogo, è stata adesso restituita al mondo priva di vita per testimoniare l’atrocità della “gestione dei flussi migratori”. Pochi giorni prima, al largo di Sfax, sulla costa della Tunisia, un altro naufragio si era consumato in assoluto silenzio. La prova della strage, anche in quel caso, l’aveva prodotta lo stesso Mar Mediterraneo, cimitero liquido più grande ed affollato del mondo, restituendo a riva alcuni corpi delle vittime del naufragio.