di Vittorio Alessandro
Una vera Guardia Costiera non nasce dal nulla. Non certo da una semplice battaglia politica: di norma ai politici il mare interessa poco perché i marittimi non votano, al massimo la politica può trastullarsi con cantieri e armatori. Ha bisogno del radicamento presso una marineria forte e diffusa e di una lunga esperienza di salvataggi, e c’era tutto questo quando, nel 1989, la Guardia Costiera nacque sul solco dell’antico Corpo delle Capitanerie di Porto.
Poi occorre coraggio, non solo quello di straordinari equipaggi in mare, non solo quello di Natale De Grazia, rimasto solo. Nel 1991 (in piena stagione “Mani Pulite”), per esempio, la Guardia Costiera appena costituita si appropriò dei due contratti Selenia e Telecom nati malissimo e rimasti nei cassetti del grigio (con belle eccezioni) Ministero della Marina Mercantile.
Raccolse quell’intricata eredità un Comandante Generale capace di mandare a quel paese un ministro imbelle (dopo l’esperienza di uno straordinario Calogero Mannino), un caporeparto visionario e un gruppo di giovani ufficiali che non si spaventarono all’idea di occuparsi non di banchine, ma di contratti.
Nacque il VTS nazionale. Nacquero i pattugliatori, le piccole idrogetto, le motovedette della classe 300 che segnarono la nostra storia più recente nel Canale di Sicilia.
Con me c’era Massimo Di Marco, che ieri se ne è andato.