di Mauro Seminara
Sono arrivati in porto a bordo di una motovedetta della Guardia Costiera i migranti di nazionalità tunisina del quarto sbarco di Lampedusa in poche ore. A bordo della unità SAR classe 300 erano in 28, presi a breve distanza dalla costa sul versante ovest dell’isola. Una barca con un numero maggiore rispetto alle tre precedenti che avevano a bordo rispettivamente 7, poi 5 ed infine altri 5 migranti tunisini. Tutte però hanno raggiunto in autonomia le acque di Lampedusa prima di trovarsi una motovedetta davanti. L’intervento delle autorità marittime, ormai notoriamente ritiratesi al SAR (ricerca e soccorso) entro le 12 miglia, si limita all’assistenza dell’ultimo metaforico miglio di navigazione.
Foto: La motovedetta con ancora a bordo i 28 migranti del quarto sbarco odierno
Da Lampedusa però hanno preso il volo due velivoli in assetto Frontex – un aereo ed un elicottero – e fa base sulla maggiore delle Pelagie anche il nuovo velivolo della Ong tedesca Sea Watch, il Seabird. Le imbarcazioni cariche di migranti che navigano in direzione delle acque territoriali italiane vengono solitamente avvistate a grande distanza dall’arcipelago italiano delle Pelagie. L’intervento è però limitato al “law enforcement” (attività di polizia) in acque territoriali. Lo confermerebbe, ancora oggi, la presenza a meno di 40 miglia da Lampedusa, a sudovest dell’isola, di una barca segnalata da Alarm Phone con circa 47 persone a bordo che pare sia in avaria, alla deriva, ed in mare da tre giorni stando a quanto affermato dalla centrale di allarme telefonico civile per il soccorso marittimo.
Lo scorso anno, ad ottobre e poi a novembre in bis, sotto costa della maggiore delle Pelagie si sono consumati due naufragi che i guardacoste si sono visti inabissare sotto gli occhi. Le due barche avevano raggiunto le acque territoriali italiane di Lampedusa ed a brevissima distanza dalla costa dell’isola, mentre le motovedette manovravano per l’intervento di fermo e trasbordo per il cosiddetto ultimo miglio, le barche si sono capovolte e sono finite in mare decine di persone. Finite in mare anche decine di vittime. Il recupero dei corpi ha impegnato la Guardia Costiera, solitamente preposta a salvare vite in mare ma in quel caso nel suo inedito ruolo di becchino, per settimane ed a Lampedusa sono rimaste anche mesi alcune bare con vittime cui trovare sepoltura. La notte tra il 6 ed il 7 ottobre 2019 erano circa 50 i migranti del naufragio da cui si sono slavate soltanto 22 persone. Molte donne tra le vittime. Stessa scena il 23 novembre, quando sulla barca che si è rovesciata davanti gli occhi dei guardacoste c’erano circa 170 persone. In questo caso si sono salvati 143 migranti, ma il recupero delle vittime è stato un calvario reso tale dalle condizioni meteo avverse già dalla notte del naufragio.
Oggi sono sbarcati a Lampedusa 45 migranti da quattro distinti eventi ed il centro di prima accoglienza accusa un momento di difficoltà logistica dovuta al rallentamento dei trasferimenti verso altre strutture del territorio nazionale. I migranti che approdano a Lampedusa vengono trasferiti mediante nave traghetto di linea in Sicilia e dal porto agrigentino di Porto Empedocle poi smistati in altre strutture delle province siciliane. A far fronte alla prima accoglienza, adesso anche all’isolamento Covid-19 di 14 giorni, sono sempre le strutture siciliane o al massimo la “nave quarantena” Moby Zazà. L’incremento dei flussi tunisini e libici sta probabilmente causando una congestione delle strutture immobilizzate dalle quarantene e Lampedusa ha oggi saltato un giro di partenze trovandosi così con oltre 150 persone ospitate in una struttura limitata a 96 posti. I lavori di ricostruzione dei padiglioni danneggiati dalle fiamme sono ancora fermi e l’estate, la stagione degli sbarchi, è iniziata a pieno ritmo.
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