di Vittorio Alessandro
Il turismo a Porto Empedocle è una prospettiva ancora tutta da costruire, come del resto la fin troppo citata “vocazione”; i nostri visitatori sono quasi “giornalieri” e per lo più provenienti dall’entroterra con meta prevalente le spiagge e la Scala dei Turchi, ora sotto sequestro. La loro presenza si è assottigliata in modo preoccupante, ma non credo (mi piacerebbe discuterne) a causa della nave-quarantena Moby Zazà, da me fortemente avversata e che bene non fa né all’immagine, né alle coscienze.
Anche se non esistono statistiche ufficiali, il turismo, soprattutto quello straniero, si è fermato – da noi come dappertutto – a causa della pandemia.
Certamente il fenomeno migratorio non aiuta e trova esposte Porto Empedocle e Lampedusa per ragioni geografiche e logistiche che richiederebbero apprestamenti ben più evoluti in termini di sicurezza, servizi, visibilità mediatica.
Le urla sui social e l’allarme continuo sul nesso turismo-migranti hanno provocato un racconto tendenzioso del disagio economico (cronisti che chiedono agli esercenti commerciali quali danni abbiano risentito dalla “Osèan Vakàing”) e, infine, la prevista manifestazione della Lega: possiamo prevedere quali saranno i toni e le finalità, e immaginare quanto alla Lega stia a cuore Porto Empedocle.
Le questioni complesse (rischi per la salute, migranti, disagio economico) non si affrontano con slogan ed espressioni rabbiose contro facili responsabili, possibilmente quelli più indifesi di noi. È sacrosanto pretendere risposte da chi ha responsabilità di governo, ma sta anche a noi cercare con compostezza ed equilibrio la ragione delle cose e la loro soluzione migliore.
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