di Mauro Seminara
La nave umanitaria Open Arms, il rimorchiatore rimasto fermo in cantiere per mesi e restituito interamente rinnovato, oggi ha lasciato il porto di Castellòn de la Piana, in Spagna, per raggiungere l’area SAR che l’IMO (International Marittime Organization, agenzia delle Nazioni Unite) ha affidato alla Libia e nella quale le persone continuano a morire per assenza di un piano di legalizzazione delle migrazioni e di inadeguatezza del sistema di soccorso marittimo. A bordo della Open Arms, della omonima Organizzazione non governativa spagnola, c’è un nuovo partner: Emergency. Il team medico della Ong fondata da Gino Strada, che per divergenze aveva abbandonato il progetto di partnership con un’altra Ong di soccorso marittimo, affiancherà il team rescue di Open Arms nelle missioni SAR (ricerca e soccorso) a nord della costa libica.
Riccardo Gatti, capo missione a bordo della Open Arms
In mare c’era già la Astral, piccola imbarcazione a vela, veloce e preziosa per monitorare la situazione o per lanciare gonfiabili e giubbotti di salvataggio in caso di pericolo ma non per effettuare trasbordi di persone – se non un ridotto numero – in caso di natanti in pericolo. La Astral oggi ha incontrato la Louis Michel, la “motovedetta civile” bianca e rosa finanziata dal noto artista britannico Bansky, a circa 30 miglia nautiche sudest di Lampedusa. La nuova, inedita motovedetta da soccorso marittimo civile Louis Michel ha a bordo 89 naufraghi soccorsi ieri in area di responsabilità SAR della Libia. Con la Sea Watch 4, attualmente vicina alla costa sudest della Sicilia con 201 naufraghi a bordo ed in attesa di un porto di sbarco, la Astral e la Open Arms della stessa Ong spagnola e la Louis Michel già operativa, sono adesso quattro le imbarcazioni di Organizzazioni non governative che stanno operando per ridurre la percentuale di vittime da tratta migratoria attraverso il Mediterraneo centrale.
Il lungo fermo delle Ong, prevalentemente imposto dalle autorità italiane con fermi amministrativi, ha ampiamente dimostrato che le navi umanitarie non costituiscono quel fatidico fattore di attrazione (il “pull factor”) che era stato usato per legittimare la loro criminalizzazione da parte delle autorità italiane. Di contro, l’assenza delle stesse navi Ong ha dimostrato come i naufragi al largo della Libia si susseguono sotto gli occhi dei piloti dei velivoli dell’agenzia europea Frontex e moralmente sotto gli occhi di una Unione europea inerme, con l’Italia seduta in prima fila.