di Mauro Seminara
La agguerrita protesta “di Lampedusa” da ieri, 30 agosto 2020, l’indomani della manifestazione al porto in occasione del maxi sbarco di migranti, il “Tweet fissato” di Matteo Salvini. Un post che rimane sempre in apertura di account così da avere sempre visibilità e non retrocedere all’aggiunta di nuovi tweet postati. In poche parole un investimento di visibilità che risulta prezioso per la volata della Lega in campagna elettorale. Il tweet fissato, contenente un estratto video della protesta al porto della notte tra sabato e domenica recita: “Solidarietà ai cittadini di Lampedusa (450 sbarchi con un unico barcone solo questa notte!), a tutti i siciliani e al presidente Musumeci, che viene bloccato in ogni iniziativa a difesa della sua gente.” La protesta dei lampedusani, troppo spesso indicati come un unico organismo monocellulare, si sono nel frattempo spostate davanti il palazzetto municipale, sotto la finestra del sindaco, e con le stesse richieste sullo “Stop immigrati” e sulla chiusura dell’hotspot. Nel video della notte del maxi sbarco erano visibili un centinaio di persone, ma al netto di curiosi, turisti settentrionali di chiara ideologia politica che simpatizzavano per i manifestanti e lampedusani che assistevano alla scena ma senza in realtà aderire alla protesta, di manifestanti non autorizzati in assembramento contrario alle norme sanitarie anti-Covid che tentavano – riuscendoci per oltre tre ore – di interrompere un pubblico servizio non ce ne erano poi così tanti. Sempre il post dell’abbronzatissimo leader leghista propone, con la solita grafica accattivante da esperti di comunicazione, due concetti piuttosto basilari. Il primo, in alto sopra il video, recita tra simboli di allarme ansiogeno “Sbarcano 450 clandestini” e “Disperazione e proteste dei cittadini di Lampedusa”. Il secondo, in basso, riprende le parole di uno dei manifestanti: “Ci siamo rotti i cog**oni Governo criminale!”. Alla manifestazione davanti il Comune di questa mattina però viene fuori un’altra storia anche sui numeri dei “cittadini lampedusani” che la pensano come lo sparuto gruppo leghista pelagico ed i pochi altri al seguito.
Lo sciopero generale invocato da qualcuno, e cavalcato dal sindaco di Lampedusa e Linosa Salvatore Martello che lamenta la gestione dei trasferimenti da parte del Governo nazionale e la mancanza di ascolto delle istanze lampedusane, si è spento come proposito il momento in cui il primo cittadino ha comunicato ai leader della protesta la convocazione – insieme al presidente della Regione Siciliana – ricevuta dal presidente del Consiglio dei ministri e fissata per mercoledì. Ufficialmente, ma forse non per unico motivo valido. La comunità isolana è infatti impegnata con gli sgoccioli di una stagione turistica pregiudicata dalla pandemia e ritardata a causa delle incertezze provocate su tutti i fronti dal Governo nazionale. Per gli imprenditori è quindi una idea poco praticabile quella della serrata generale a trenta giorni circa dalla fine della stagione che sta rifornendo di ossigeno le imprese locali. Inoltre, non tutta l’isola è dell’avviso che l’hotspot vada chiuso o che Lampedusa sia afflitta dal grave disagio degli sbarchi.
Tra i motivi scatenanti della protesta di questa esigua parte di cittadini lampedusani c’è la chiusura dell’hotspot che in poco più che un fine settimana ha accolto circa mille migranti. Accolti, tra le altre cose, non tutti nella struttura di contrada Imbriacola perché già piena a causa della lentezza di una gestione farraginosa dei trasferimenti a mezzo “navi quarantena”. Sono state centinaia le persone migranti che la Prefettura ha destinato provvisoriamente nei soliti locali della Parrocchia di Lampedusa, gentilmente concessi per lenire il sovraffollamento di un centro ancora non ristrutturato che potrebbe accogliere meno di 200 persone e ne aveva in carico oltre 1.500. In un momento di vera emergenza sbarchi autonomi a raffica la chiusura dell’hotspot potrebbe rivelarsi disastrosa come già accadde nel 2011, quando l’allora ministro degli Interni leghista si ostinò a non autorizzare l’accesso in struttura dei migranti causando già a prima ondata l’emergenza umanitaria che tutti ricordano.
Non mancano le esternazioni sulla corruzione del Governo con tanto di corruzione in atto da parte del Governo nazionale in danno al sindaco di Lampedusa e Linosa. Queste le manifestazioni che si possono ascoltare e che sembrerebbero anche in odore di calunnia. Ma rientrano nello spirito della protesta agguerrita che “Lampedusa” tiene sul tema dei porti da chiudere e dei migranti da non far sbarcare in Italia, men che meno a Lampedusa. Una corruzione che a questo punto parrebbe essere globale o quantomeno dell’intero Mar Mediterraneo, con il presidente della Turchia sempre più “di casa” in quella Tripolitania sempre più affamata, il ministro degli Interni libico esautorato con evidenti conseguenze politiche tra le milizie che sostengono il “presidente libico” Fayez Al Serraj e le tribù di Misurata, la crisi economica gravissima della Tunisia e la necessità primaria delle persone migranti – si suppone corrotte anch’esse – di migrare per fuggire alla guerra ed alla carestia libica ed alla crisi tunisina.
Infine il colpo di scena: due migranti con mascherina ben indossata passano dalla vicina via Roma con due buste bianche della spesa. Probabilmente sono del centro di prima accoglienza, usciti malgrado la vigilanza operata dall’Esercito italiano fuori del perimetro della struttura per acquistare qualcosa per loro e per i compagni come accaduto anche in precedenza. A questo punto parte l’invettiva di chi senza mantenere il distanziamento sociale o indossare la mascherina lamenta l’accaduto. Episodio del quale, con buona probabilità, sulla centralissima via Roma si erano accorti forse solo alcuni residenti abituati a riconoscere i migranti dagli indumenti e dal colore della pelle poco diffuso sull’isola. I turisti però, quelli che arrivano da città nelle quali i migranti risiedono, lavorano ed in certi casi si distinguono per meriti sociali o per crimini, a due persone di colore con mascherine e buste della spesa in mano non avranno posto la minima attenzione.
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