di Mauro Seminara
La riunione con il presidente del Consiglio da parte del sindaco di Lampedusa e Linosa e del governatore della Sicilia non ha prodotto un risultato positivo per nessuno dei tre attori. Le manifestazioni a Lampedusa contro il cosiddetto “hotspot” per il quale veniva chiesta la chiusura non è arrivata per merito delle proteste e forse neanche per “merito” – in strettissima accezione – del governatore della Regione Siciliana che ha inviato la task force di ispettori sanitari. Quanto sta accadendo nelle ultime 24 ore sul fronte della erroneamente definita accoglienza è una guerra senza vincitori. Il prezzo però rischiano, come sempre nella storia, di pagarlo gli ultimi. E nel caso di Lampedusa gli ultimi sono i lampedusani insieme ai migranti. Loro, purtroppo, rischiano di condividere la sorte conseguente alla ufficialità della situazione in contrada Imbriacola. La struttura è uno di quegli abomini che un privato non avrebbe mai potuto realizzare e che, se lo avesse fatto, magari corrompendo tutto il mondo, lo avrebbe visto sicuramente in Tribunale per un processo da imputato già dopo il primo grave incendio che ne distrusse due padiglioni. Tutto legittimo, compresa l’eventuale condanna, visto che quell’episodio aveva rivelato tutte le criticità di una struttura edificata in una valle che è stata in parte scavata dalle acque pluviali nel corso dei secoli, con una sola via di accesso che corrisponde all’unica via di fuga in caso di incendio o calamità naturali.
Il centro, come ha assicurato il premier a governatore e sindaco, verrà sgomberato. Non nei tempi garantiti da Conte, che sul momento ha forse badato all’annuncio più che alla fattibilità. La nave che effettuerà il primo massiccio imbarco è prevista per sabato e non prima di quella data. Perché la nuova “nave quarantena” o nave “hotspot galleggiante” possa essere disponibile deve prima superare le verifiche di rito sotto il profilo tecnico e sanitario. Nel frattempo si pone il dubbio sulla nuova gestione governativa su Lampedusa ed in generale sulla Sicilia. Il problema di fondo era infatti l’inadeguatezza delle strutture, a cominciare da quella per la prima accoglienza di Lampedusa. In assenza di queste, non ristrutturate negli anni ed adesso finalmente scoperte come novelle lager nostrane, nel caso di una nuova ondata di sbarchi a Lampedusa l’isola rischierà di non essere in grado di gestire in modo idoneo la prima accoglienza; soprattutto se condizioni meteo o altre ragioni contingenti non dovessero consentire l’immediato imbarco sulla nave che dovrebbe stazionare fissa in rada. La stessa situazione si potrebbe verificare in Sicilia, dove sono già state ispezionate le strutture di Pozzallo e Ragusa e dove non è più felice di Lampedusa il contesto in cui vengono trattenuta in via amministrativa i migranti irregolari. Anche a Siculiana la situazione rimane invariata. L’ex struttura ricettiva “Villa Sikania” era stata chiusa perché inadeguata all’uso che ne veniva fatto e dopo anni di lamentele dal Comune agrigentino era stata chiusa per una immediata riapertura in funzione centro per migranti ai primi sbarchi che quest’anno hanno trovato il Governo ed il suo Ministero degli Interni impreparato. Anche quello regionale di Musumeci, come quello comunale di Lampedusa, rischia di essere un boomerang.
La chiusura di certe strutture era inevitabile e lo era già da diversi anni. Il Governo italiano, cambiando formazione e ministri negli anni, ha sempre gestito la cosa come una mera emergenza. Come qualcosa di assolutamente imprevedibile. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e però al tempo stesso lontano dalla memoria degli italiani che adesso sembrano non ricordare che lo scorso anno gli attuali primi severi critici erano uno ministro degli Interni e l’altro governatore della Sicilia come oggi. E pur tornando indietro ai Governi Gentiloni, Renzi, Letta, Berlusconi ecc andando a ritroso, la situazione non è mai stata diversa. I centri per i migranti irregolari andavano sotto la logica ed il finanziamento dell’evento straordinario che imponeva l’intervento in emergenza. Il boomerang però rischia adesso di colpire chi ha in questi anni subito le inadempienze di mandato, con trasferimenti a caso, navi da milioni di euro sparse in tutti i porti italiani, prima accoglienza fatta con l’ausilio di strutture comunali o private prese a diritto dalle Prefetture in virtù della norma che – sempre in stato di emergenza – gli consente di farlo. Oggi la campagna elettorale ha sollevato il problema, o meglio il coperchio, e ciò che sta venendo fuori è comunque un problema che il sindaco di Lampedusa – come degli altri Comuni coinvolti – ed il governatore della Sicilia dovranno risolvere in modo strutturato insieme al Governo nazionale.