di Mauro Seminara
Sono arrivati al porto commerciale di Lampedusa ieri sera su una motovedetta della Guardia Costiera che li aveva intercettati a circa venti miglia sud dell’isola. Si tratta di 107 persone, partite dalla Libia su una barca in legno di circa otto metri che a poche miglia dal traguardo aveva avuto difficoltà e non riusciva più a procedere con il viaggio della speranza di cui facevano parte anche 18 donne e 5 bambini. Tra gli uomini anche 20 minori. Varie le nazionalità di chi aveva tentato di fuggire dal teatro di guerra e maltrattamenti che è la Libia. Tra essi molti somali, ma anche cittadini del Bangladesh. La barca era ferma a sud di Lampedusa, ad appena una decina di miglia dal confine con le acque territoriali italiane ma in area di acque internazionali la cui responsabilità di ricerca e soccorso (SAR) è dello Stato di Malta. Da La Valletta, distante oltre 170 miglia, nessuna motovedetta si era mossa per intervenire, malgrado il mare si faceva preoccupante. Ad innescare il meccanismo di eccezione per il salvataggio italiano in SAR maltese potrebbe essere stata una Ong che si era diretta sul posto.
La presenza della barca era stata annunciata dalla centrale di allarme telefonico civile Alarm Phone, che ne aveva reso pubblica la posizione. Il completamente rinnovato rimorchiatore “Open Arms” della omonima organizzazione non governativa spagnola era arrivato nel Mediterraneo centrale per la sua prima missione dopo mesi di cantiere navale. Alla richiesta di soccorso, la Open Arms ha rivolto la prua a nord per raggiungere il natante in pericolo. Giunto sul posto però ha trovato una motovedetta della Guardia Costiera partita da Lampedusa che “monitorava” la situazione. Monitoraggio che avveniva già dalle quattro del pomeriggio ma che non poteva produrre la solita prassi di attesa che il natante raggiungesse in autonomia le acque territoriali per poi intervenire. Il piccolo legno rischiava tra l’altro di capovolgersi e per l’unità d’altura SAR classe 300 della Guardia Costiera sarebbe stato poi un intervento in tragedia. La barca è rimasta sul posto, ma almeno i 107 migranti profughi della Libia sono arrivati sani e salvi a Lampedusa. Declinato quindi il supporto proposto con la presenza della Open Arms che ha poi ripreso a navigare verso sud.
Le 107 persone salvate dalla Guardia Costiera italiana, che oggi diffonde solo un comunicato stampa sulle “reti fantasma” recuperate dal Corpo nelle attività di controllo pesca, sono arrivate a Lampedusa poco dopo le venti di ieri sera. Dopo le attività sulla banchina del porto, con il triage sanitario operato dai medici dell’ASP 6 di Palermo, tutti i migranti sono stati trasferiti al centro di prima accoglienza dell’isola che adesso si divide in due sedi: quella del Ministero degli Interni in cui la task force sanitaria della Regione Siciliana ha visto e relazionato una situazione raccapricciante e quella della Parrocchia di Lampedusa che con i suoi locali della “Casa della Fraternità” messi a disposizione della Prefettura cerca di contribuire al lenire del sovraffollamento di contrada Imbriacola. Nella valle del cosiddetto “hotspot”, denominazione di una struttura con funzione mai resa operativa, in carico all’ente gestore sono adesso nuovamente oltre 1.300 le persone migranti. Una piccola parte di esse sono però ospiti dei locali parrocchiali.
Delle navi che dovrebbero sgomberare Lampedusa, malgrado adesso lo sgombero fosse stato promesso in due giorni dal presidente del Consiglio dei ministri al sindaco di Lampedusa ed al governatore della Sicilia, se ne vede soltanto una: la “Rhapsody” di GNV che attraccherà alle 14 odierne. Le navi, o qualunque altro mezzo con cui trasferire rapidamente i migranti verso strutture in cui poter prevenire eventuali epidemie in luoghi troppo affollati come adesso Lampedusa, non erano ancora pronte perché i tempi di messa in atto di una strategia da parte del Viminale sono in ritardo sull’ordinaria amministrazione ed anche sulla straordinaria promessa di Giuseppe Conte. Lo straordinario sovraffollamento del centro di prima accoglienza di Lampedusa però va avanti da settimane, senza che a Roma qualcuno abbia preso la decisione di impiegare navi dei Corpi dello Stato – che non hanno bisogno di avvisi per manifestazione di pubblico interesse ed altre procedure di affidamento appalto – per evitare che in piena emergenza sanitaria con cui si legittima anche il decreto interministeriale del 7 aprile si creino assembramenti da costituire pericolo per la salute pubblica e motivo per ricorsi contro lo Stato da parte delle persone migranti che vengono costrette a subire tale esposizione.
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