di Mauro Seminara
Una recente massiccia campagna mediatica, in vero condotta soltanto da testate riconducibili da alcune parti politiche (basti vedere la fake news sui migranti che mangiano i cani) con l’appoggio di manifestazioni locali che pretendevano di parlare in nome dell’intera Lampedusa, ha dipinto l’isola pelagica sulla quale continuano ad approdare migranti che salpano dalla Libia e dalla Tunisia come una terra ormai votata all’intolleranza e forse anche al razzismo. Una chiara operazione di propaganda che trasforma “l’isola dell’accoglienza“, altro dipinto falso costruito in precedenza da altre parti politiche, come l’isola dei “porti chiusi” e che per questa sua nuova visione garantirebbe la validità di politiche vendute da anni come attuabili e mediante i cui slogan si conquistano voti in campagna elettorale. E l’Italia è sempre in campagna elettorale. Questa condizione permanente in cui l’odio razziale è ormai il carburante del consenso politico sta dando frutti avvelenati ed i risultati sono balzati recentemente agli onori della cronaca con un doppio brutale omicidio: il pestaggio fino alla morte del giovane italiano di origini capoverdiane Willy Monteiro Duarte ad opera di fanatici della razza ariana e la dichiarazione dei genitori sul fatto che tanto “era solo un immigrato”.
Forum Lampedusa Solidale e manifestanti solidali insieme a don Luigi Ciotti di Libera a Lampedusa nel 2019 durante una manifestazione contro la chiusura dei porti alle ONG
Lampedusa però non è un unico organismo monocellulare come la si vuole far intendere, ma un’isola abitata da seimila persone. E tra gli abitanti della maggiore delle Pelagie ci sono razzisti, ignavi, persone sensibili e persone accoglienti, pescatori che conoscono fin troppo bene la “legge del mare” (che precede tutti i Trattati internazionali con è stata resa legge internazionale la filosofia), ed infine anche volontari ed attivisti che si adoperano per aiutare non soltanto gli stessi lampedusani ma anche i migranti che sbarcano sull’isola. Tra questi è un fulgido esempio il Forum Lampedusa Solidale. Un gruppo di persone di diversa estrazione ed origine che si riunisce, dialoga, prende in esame le criticità che affliggono residenti e migranti, propone soluzioni e si adopera per metterle in pratica. L’ultima soluzione, non proposta ma rilanciata, riguarda però qualcosa cui il buon parroco don Carmelo La Magra – che spesso ospita nei locali parrocchiali il Forum offrendo loro anche il supporto della parrocchia – ed i componenti del discreto gruppo di volontari non può porre rimedio. La proposta riguarda infatti la soluzione definitiva a ciò che da anni viene usato come arma elettorale dai partiti e vissuto come un allarme sociale dalla popolazione italiana che ancora crede nella storia dell’invasione con talvolta anche rigurgiti di puro razzismo.
La proposta, articolata in pochi semplici punti (l’intero manifesto è riprodotto in fondo all’articolo), è stata rilanciata ieri anche a mezzo social e forse vedrà perfino una campagna di affissione a Lampedusa e non solo. Si tratta di un manifesto. Uno di quelli che qualche partito nazionale farebbe bene a cogliere come opportunità per colmare l’enorme vuoto ideologico che rappresenta. In poche ed incisive righe vengono affrontati i problemi di Lampedusa, la “strategia” delle cosiddette navi quarantena, il gigantesco cimitero liquido che è ormai da anni il Mar Mediterraneo ed anche la politica nazionale sui rapporti con i Paesi del nord Africa e sui soccorsi in mare ormai operati dalle autorità marittime italiane quasi esclusivamente entro e non oltre le 12 miglia da Lampedusa. Del manifesto del Forum Lampedusa Solidale, e delle recenti “manifestazioni” politiche che la stampa ha documentato sull’isola, abbiamo parlato con una attivista del gruppo, nata e cresciuta a Lampedusa, sempre pronta ad intervenire per tutti i progetti che con i suoi compagni vengono studiati e realizzati: Mayra Castro.
Mayra, perché questa iniziativa del Forum Lampedusa Solidale?
Da anni il Forum propone un modo diverso di affrontare il tema delle migrazioni. Continuiamo a ripetere – totalmente inascoltati – che il riconoscimento della libertà di movimento di tutte le persone attraverso l’istituzione di meccanismo di ingresso legali in Italia, in Europa e in tutti i Paesi del mondo, è l’unica via per affrontare le sfide del futuro.
In modo graduale, con un numero limitato di ingressi nei primi anni, con permessi temporanei, insomma con tutte le cautele opportune e ritenute necessarie, ma non vediamo altre alternative serie, umane e intelligenti.
Il fatto che i membri del Forum non amino urlare davanti alle telecamere non vuol dire che un’altra realtà sull’isola non sia presente e non operi nell’interesse della comunità.
Insomma: noi ci siamo sempre e ogni tanto “battiamo un colpo”.
Quali risultati si otterrebbero, per Lampedusa e per l’Italia, applicando scrupolosamente le vostre proposte?
Intanto i risultati più importanti si otterrebbero per le persone che migrano, la cui voce non è mai tenuta in alcuna considerazione: il riconoscimento di pari dignità e libertà di cui godono i cittadini della parte “ricca” del mondo, il sottrarsi al terrificante sistema dei trafficanti, ai rischi del viaggio irregolare, ai pericoli che corrono nell’attraversare il deserto e il mare, allo stigma di “clandestini” che rimarrà attaccato alla loro pelle come un marchio per sempre.
Lampedusa scomparirebbe per sempre dalle mappe delle migrazioni e potrebbe finalmente concentrarsi sul suo futuro senza alibi e senza capri espiatori.
L’Italia comincerebbe a praticare politiche che pongano al centro l’essere umano, qualsiasi essere umano, ponendo la finanza, l’economia, la produzione e il lavoro al servizio delle persone e non viceversa.
Il Forum Lampedusa Solidale opera ormai da anni, nel più dei casi con assoluta discrezione anche in aiuto di lampedusani; quindi Lampedusa non è soltanto quella che abbiamo visto e sentito urlare come “stanca” e che ha in più casi bloccato il porto per non far trasferire i migranti al centro di accoglienza?
Nessuna isola, nessun paese ma neanche nessuna famiglia è mai costituita da persone che la pensano tutte nello stesso modo. L’avere per anni dipinto Lampedusa alternativamente – a seconda dell’interesse prevalente al momento – come “l’isola dell’accoglienza” o “l’isola dei razzisti” è una mistificazione e una semplificazione stupida di una realtà complessa (come sempre è la realtà). E il fatto che simili rappresentazioni siano state “ingoiate” dall’opinione pubblica nazionale e internazionale senza alcuna riflessione critica dice molto del livello culturale dei destinatari della comunicazione (oltre della qualità dell’informazione… con le dovute eccezioni).
Secondo te la speculazione sul fenomeno migratorio produce razzismo?
Certo che sì. Tutte le politiche finora messe in atto in Italia e in Europa, indifferentemente da destra e da sinistra, trovano fondamento nella necessaria “deumanizzazione” delle persone che migrano. Solo considerandole massa, folla, pericolo, nemico – quasi fossero uno tsunami o un terremoto – si riesce a far passare come accettabili e auspicabili interventi legislativi e amministrativi disumani e ignobili. Un esempio? Accettare che i bambini vengano rinchiusi per giorni in un hotspot (predisposto a ricevere non più di 100 persone) insieme a oltre 1000 persone in condizioni disumane che nessuno può negare. Oppure che vengano portati su delle navi per effettuare la quarantena anti-Covid, senza garantire loro immediatamente una sistemazione stabile e sicura. Lo sopporteremmo se fossero i nostri figli? Accettare tutto ciò vuol dire accettare che alcuni esseri umani “valgono” meno di noi. E se non è razzismo questo…