di Mauro Seminara
La vicenda del peschereccio tunisino “Mohamed Ahmed”, della marineria di Madia, fermato ieri in acque territoriali dalla Guardia di Finanza non è certamente una mera notizia di cronaca giudiziaria e sembra piuttosto da classificare tra le pagine della politica estera italiana. L’episodio è stato immediatamente avvolto da un grosso carico di fake news, già a cominciare dalle prime voci circolate a Lampedusa – ancora prima che il “Mohamed Ahmed” ne raggiungesse il porto – secondo le quali a sparare sarebbero stati i pescatori tunisini all’indirizzo di una motovedetta italiana. E le bandiere verdi svettavano già fiere su Lampedusa. Poi ha avuto inizio la danza mediatica delle notizie false che un buon giornalista non avrebbe mai potuto firmare con tale leggerezza. Secondo queste bufale nazionali il peschereccio, su una pagina armato e su un’altra carico di droga, in altra pagina ancora avrebbe “speronato” la motovedetta classe Bigliani “PV 07 Paolini” della Guardia di Finanza. Anche qui, con reminescenze del caso Rackete, la definizione di “speronamento” viene piegata al volere di certa stampa che pur avrà un dizionario in redazione oltre che poterlo consultare online.
Il “Mohamed Ahmed” scortato dalla motovedetta della Guardia di Finanza all’arrivo nel porto di Lampedusa la sera del 29 settembre 2020
Non parla di speronamento il comunicato stampa reso dalla Guardia di Finanza, ma di “manovre elusive tali da mettere in pericolo l’incolumità degli stessi militari che cercavano di salire”. Dalle immagini girate da bordo del “Paolini”, ottenute in via non ufficiale perché la Guardia di Finanza afferma di non avere immagini disponibili, non sembrerebbe essere il Mohamed Ahmed a cercare la collisione con il fianco nave ma viceversa. Il motopesca inoltre aveva una cima in mare, forse con reti o parti di esse, ancora al traino e questa consente di tracciare la rotta dell’imbarcazione anche attraverso il video. Video al quale manca una parte di audio, probabilmente con commenti fatti dai finanzieri che era opportuno rimuovere e dei quali non conosciamo il contenuto.
Dell’operazione nella quale le stesse Fiamme Gialle, con riferimento al solo motopesca fermato, comunicano aver preso parte anche “velivoli del Comando Operativo Aeronavale e dell’Agenzia Europea Frontex” che hanno filmato tutto, facevano parte altre due imbarcazioni da pesca. Su una di esse, ultima della fila di tre barche che tentavano di allontanarsi, come si vede in altro video non ufficiale e girato da bordo dell’unità SAR “CP-319” della Guardia Costiera, la motovedetta della Guardia di Finanza apre il fuoco sparando in mare in invece che – come detto anche da agenzie di stampa – in aria come da regole d’ingaggio base per l’intimidazione di fuggitivi. Scene che ricordano quelle delle stesse motovedette ma a guida libica. Le raffiche che si vedono nel video sembrano sparate quindi verso l’ultimo della fila mentre i militari delle Fiamme Gialle che operavano sulla piccola e veloce motovedetta “V-2048” salivano a bordo del “Mohamed Ahmed” per prenderne il controllo.
Il controllo era dovuto ad uno sconfinamento del motopesca fermato, forse anche degli altri due, e stando alla posizione indicata dalla Guardia di Finanza questi era entrato di tre miglia nelle acque territoriali italiane. Esattamente a “circa 9 miglia dall’isolotto di Lampione”. Non viene indicato se ad ovest dell’isolotto che si trova a quasi dieci miglia ovest di Lampedusa. Al comandante, reo di sconfinamento prima del tentativo di controllo da parte della motovedetta dalla Guardia Costiera e poi delle Fiamme Gialle che aveva “respinto per alcune ore”, vengono quindi contestati in flagranza di reato la pesca,illegale in acque territoriali italiane e la resistenza all’ordine di fermare i motori intimata dai militari italiani. Dopo l’approdo a Lampedusa il comandante del “Mohamed Ahmed” è stato condotto in caserma in arresto. Sono invece rimasti a bordo gli altri nove componenti dell’equipaggio di pescatori. Uno di essi dice che hanno tentato di fuggire al controllo per paura, quasi certamente consapevoli delle conseguenze che includono il sequestro delle reti come di fatto è avvenuto. Ma si chiede se per un “errore del comandante” che aveva sconfinato era necessario quell’assetto navale ed aereo. Il pescatore, che parla italiano e conosce l’Italia, dice che “sembrava una guerra” e che “neanche per Totò Riina si è visto tutto questo”.
Il motopesca tunisino che si vede nel video ricevere le raffiche intimidatorie di mitragliatrice a pochi metri dalla prua non è l’unico per il quale è stato aperto il fuoco e pare che i colpi non sarebbero stati mirati al solo mare. A bordo del “Mohamed Ahmed” infatti ci mostrano fori che effettivamente parrebbero appartenere – per diametro e potenza di fuoco – ad un calibro 7,62, forse un MG-60. I tunisini indicano vari fori sul peschereccio, alcuni sullo scafo in legno, uno dicono aver colpito e forato il parapetto d’acciaio a prua, ma uno il più inquietante, indicato da uno dei tunisini, si trova nel vetro della cabina di pilotaggio della barca. Proprio ad altezza volto di un uomo in piedi, ma fortunatamente distante circa mezzo metro dal timone; dove si suppone possa essere stato presente il comandante. Questi aspetti, si spera, verranno riscontrati balisticamente da reparti appositi delle forze dell’ordine che il procuratore capo della Procura della Repubblica di Agrigento Luigi Patronaggio vorrà inviare sul posto per i rilevamenti che il tempo potrebbe inquinare.
La caccia al peschereccio tunisino che sconfina sembra essersi aperta da qualche settimana in quel di Lampedusa, isola pelagica italiana in cui i pescatori lamentano da anni il lassismo delle autorità nazionali sullo sconfinamento frequente da parte delle marinerie tunisine. Questa determinazione nel far rispettare le distanze ai pescherecci della Tunisia, per quanto possa essere niente più che una banale coincidenza, arriva quando i rapporti tra l’Italia e la Tunisia sembrano essere piuttosto incrinati. In varie circostanze infatti ministri della Repubblica italiana hanno vantato risultati poi di fatto mancati, sia sul controllo delle partenze dalla Tunisia dei giovani harraga che sbarcano autonomamente proprio a Lampedusa nel più dei casi, sia sui rimpatri straordinari che il nuovo Governo del vicino partner commerciale nordafricano avrebbe dovuto accettare e che alla fine si sono risolti in “fogli di via” in massa firmati dai questori di Agrigento e Trapani senza alcun rimpatrio annunciato. Si configura così un sistema speculare in cui la Libia sequestra pescherecci e pescatori italiani senza che l’Italia riesca ad ottenere il rilascio e l’Italia sequestra pescherecci traforati di colpi ed arresta comandanti tunisini senza concedere l’allontanamento che veniva intimato con le “vecchie regole d’ingaggio”.
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