di Vittorio Alessandro
Quando giocano a “campana”, i bambini lanciano in una delle caselle per terra un sassolino che, da quel momento, governerà i loro salti. Sono due i sassolini lanciati dal primo governo Conte, e lì rimasti: l’espressione “taxi del mare” coniata da Di Maio per le navi soccorritrici e l’idea che lo Stato possa o no coordinare (discrezionalmente, piuttosto che per obbligo) un soccorso in mare di cui è venuto a conoscenza.
La situazione, con il secondo governo Conte, è peggiorata rispetto ai tempi di Salvini: dal 14 settembre a oggi sono morte nel canale di Sicilia (almeno) 192 persone in (almeno) sette naufragi noti mentre, grazie al secondo sassolino, le Capitanerie di Porto trattengono in banchina le navi soccorritrici SeaWatch 3 e Ocean Viking (Porto Empedocle); SeaWatch 4 e Alan Kurdi (Palermo); la Alan Kurdi che sarà presto fermata ad Olbia; la Mare Jonio, di fatto fermata a Pozzallo.
Quest’ultima ha portato a terra 27 persone lasciate per 38 giorni a bordo della petroliera Maersk Etienne, a sua volta colpevole di aver commesso un grave errore: aver salvato persone.
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