di Mauro Seminara
Il giorno 3 ottobre 2013, come oggi tutti ricordano, si consumò uno dei più tragici naufragi della storia. Non perché il numero delle vittime fu il più alto ma perché mai si poterono contare allo stesso modo i corpi, le bare, le piccole bare bianche, l’impreparazione di uno Stato prima e dopo la tragedia. Per qualcuno è un anniversario di una strage, con la più vuota accezione all’anniversario. Una ricorrenza, come l’onomastico, il Halloween o la strage di Capaci. Per un giorno si ricorda cosa accadde. Per un giorno la parte più becera del Paese tace. Poi, dal giorno successivo tutto ricomincia a causare gravi conati di vomito. Esattamente come prima. La prova è sempre intorno a noi, ogni giorno. Dopo 28 anni non abbiamo ancora la verità sui mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ma abbiamo lo scandalo dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) che svela parte di un sistema in cui i togati preferivano il clientelismo per far carriera piuttosto che rischiare di saltare su cento chili di tritolo senza che lo Stato per cui si è morti si adoperi per punire i responsabili invece di depistare le indagini.
Dopo sette anni dal naufragio del 3 ottobre, cui si aggiunse immediatamente quello dell’11 ottobre con una omissione di soccorso consumata mentre sotto i riflettori si decideva come impiegare la Marina Militare italiana perché una simile tragedia si ripetesse più, nel Mediterraneo centrale continuarono a morire migranti fino a costituire l’ormai noto “cimitero liquido” che si trova negli abissi del mare tra la Libia e Lampedusa. La scorsa settimana, tra il 27 della giornata mondiale del migrante e del rifugiato voluta da Papa Francesco ed il 3 ottobre che è giornata nazionale della memoria istituita dal Parlamento italiano, nello stesso tragico tratto di mare si sono consumati altri cinque naufragi e hanno perso la vita circa duecento persone. Si celebra quindi il ricordo delle vittime mentre ci si volta dall’altra parte causando consapevolmente nuove vittime. Ipocrisia non è la definizione giusta per una simile condotta. E certo l’ignoranza non può comprendere come questa abdicazione degli Stati di fronte ai diritti umani dagli stessi ratificati sia soltanto l’inizio di un declino che colpirà presto anche lo stesso “popolino” nazionale dei singoli Stati. Chi è causa della sua ignoranza pianga se stesso, si potrebbe dire parafrasando una nota massima, ma in questo caso a pagare saranno tutti e per l’ignoranza di pochi.
Per ironia della sorte, non potendo scientificamente parlare di coincidenza, il 3 ottobre è adesso anche il giorno della “marcia su Catania” del leader di un popolo elettore così ignorante da far salire un brivido lungo la schiena fino all’ineludibile ricordo di quello fascista. L’udienza preliminare per l’indagato Matteo Salvini, sul cui capo penderà, in caso di rinvio a giudizio, una condanna a quindi anni di carcere, si è svolta infatti proprio questa mattina nel capoluogo etneo. In Tribunale si dovrà decidere se processare il segretario del Carroccio per il sequestro di persona aggravato consumato al tempo in cui era ministro degli Interni in danno ad una nave della Guardia Costiera e dei naufraghi che aveva a bordo, ma fuori dall’aula – con l’intero tessuto territoriale leghista radunato per l’occasione insieme ai sostenitori degli alleati Fratelli d’Italia e Forza Italia – si deciderà se Matteo Salvini dovrà essere il futuro dittatore di questo Paese che già due settimane addietro ha registrato la prima grave picconata alla Costituzione con la riduzione di un terzo del Parlamento. A Catania si consuma quello che per i seguaci dell’uomo forte è già un processo e che è anche un processo contro il loro leader per aver difeso il popolo italiano ed i confini nazionali. E poco o nulla è possibile di fronte all’ignoranza che rende quasi una missione impossibile spiegare come stanno realmente le cose. Questi, i leghisti che votano ciecamente per Salvini come i fascisti che preferiscono Meloni e tutto il sottobosco di antico ma mai scomparso retaggio, hanno già deciso come dei terrapiattisti qualunque quale è la verità assoluta, e leggere e documentarsi per comprendere la realtà non è nelle loro corde.
Accade così che il 3 ottobre, da giorno in cui tutti dovrebbero ricordare la strage di innocenti, diventa il giorno in cui ebbe inizio l’impero di chi ha smesso di definire quelle vittime come innocenti criminalizzando essi in pregiudizio razziale ed anche chi li soccorre in mare. Un cammino storico che acclama il condottiero mentre assente ingiustificata è l’opposizione ideologica prima che parlamentare. Mentre si limitano gli interventi di soccorso alle sole acque territoriali declinando la responsabilità per competenza a chi non interverrà mai, per distanza, per dimensioni del territorio nazionale e per volontà. Un cammino segnato, in cui tutti vanno nella stessa direzione, chi urlando con fierezza e chi criticando sottovoce. Per tutte queste ragioni è forse il caso di maledire il 3 ottobre, giorno in cui 368 persone vulnerabili persero la vita a poche centinaia di metri da Lampedusa ed adesso giorno in cui sulla pelle di queste vittime si costruisce la forza di chi le ha rese invasori da combattere invece che esseri umani in cerca di aiuto in uno Stato che fu civile.