di Costantino Troise
La seconda ondata della pandemia provocata dal virus Sars-CoV-2, temuta e largamente preannunciata, è arrivata con un andamento oramai esponenziale in tutto il Paese, trovando i servizi sanitari delle diverse Regioni clamorosamente impreparati a livello organizzativo.
La realtà di questi giorni parla di un pericoloso deserto di assistenza aperto tra la ricettività degli ospedali e la domanda sanitaria dei cittadini. Strutture intermedie che non ci sono, “Covid hotel” per la quarantena o l’isolamento che non si vedono, soprattutto al Sud, testing & tracing saltato ed assistenza domiciliare inesistente: uno spazio che rimane vuoto, con i medici di famiglia in evidente difficoltà.
L’ospedale è, così, diventato la prima e ultima trincea, il punto di approdo di cittadini privi di risposte, malati o, non di rado, spaventati, che non accettano di rimanere chiusi nella loro casa, soli,senza garanzia di assistenza sanitaria. Ed i medici ospedalieri si ritrovano a vivere una situazione drammatica nell’affrontare lo tsunami, oggi come ieri, in condizioni di lavoro insopportabili.
Alla carenza di personale,che da più parti è stata denunciata, invano, negli ultimi anni ,si aggiungono disorganizzazione, precariato stabile come scelta occupazionale, turni frequenti e massacranti, aumento dei carichi di lavoro e della complessità assistenziale, spostamenti “tappabuchi” da un reparto, e da un ospedale, all’altro, stress psicofisico, ansia e rabbia per ritrovarsi nella stessa trincea di marzo e aprile, esposti al rischio biologico e legale, senza tutele e senza indennità. E quella penuria di posti letto in rapporto agli abitanti, , che ci vede all’ultimo posto tra i paesi del G7 ed al di sotto della media UE, specie nelle Regioni del Sud e nelle Isole.
I Pronto Soccorso diventano parcheggi per chi, Covid o no, oggi come ieri, attende, in condizioni di promiscuità che rendono difficile lo stesso distanziamento, un posto letto, risorsa tanto preziosa quanto introvabile, con le ambulanze in fila per ore, non senza rischi per i pazienti ed auto private trasformate in luoghi di cura e reparti no-Covid a irrimediabile rischio chiusura ed a fronte di assunzioni drammaticamente insufficienti. Ormai, negli ospedali, lo spazio per le altre patologie è sempre meno. Ogni volta che apre un reparto Covid, si perde un reparto dedicato ad altri malati. I medici sono pochi in rapporto alle necessità e quei pochi che ci sono vengono chiamati alla guerra al Covid19 allontanandoli dalla loro attività e dai loro pazienti. Intanto le patologie cardiovascolari già registrano un aumento di tre volte della mortalità mentre quelle tumorali presenteranno il conto nei prossimi anni. La montagna di prestazioni negate configura una seconda pandemia, per ora sommersa.
La capacità massima di risposta del nostro sistema sanitario non è infinita e deve essere al più presto aumentata, investendo in risorse umane e strumentali per renderne più difficile la saturazione, drammaticamente vicina in assenza di decisioni drastiche. Seguendo la lezione di Carlo Urbani, un medico morto nella lotta alla SARS, prioritario diventa la tutela del personale sanitario, la risorsa più preziosa durante un’epidemia, non solo dal rischio contagio ma anche da quello del burnout o della rassegnazione. Non c’è tempo da perdere.
Occorre ASSUMERE MEDICI per assicurare l’assistenza ai posti letto aggiuntivi, di media e bassa complessità, da inventare ed a quelli di Terapia intensiva e sub-intensiva da aumentare, come previsto dal Decreto “Rilancio”. E per alleviare l’insopportabile aumento dei carichi di lavoro e dello stress psicofisico degli operatori in prima linea, per sostituire prontamente gli eventuali contagiati ed evitare che gli ospedali si trasformino da luoghi di cura in focolai di infezione.
Per recuperare,almeno in parte,il ritardo accumulato nei mesi estivi occorre un piano straordinario di assunzioni che attinga, con procedure accelerate, al bacino dei medici specialisti, dei medici specializzandi, dei laureati , da impiegare in attività di tracciamento o di assistenza domiciliare, nonchè dei 22000 medici e 38000 infermieri stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno reclutabili ai sensi del Dl “Cura Italia”.
Nessuno pensi che sia sufficiente sospendere ferie e permessi del personale, come da qualche parte già è stato fatto, o trattare l’orario di lavoro dei medici come fattore estensibile all’infinito, se si vuole assicurare qualità e sicurezza delle cure erogate.
Il primo vaccino contro il virus, è la fiducia nella tenuta del sistema sanitario. Quella fiducia che regge in vita anche la speranza verso una rapida ripresa economica e sociale.
Lo straordinario lavoro che gli operatori ospedalieri stanno svolgendo in questi giorni, costituisce l’ennesima inconfutabile prova, a futura memoria, della insostituibilità, dell’altruismo e della abnegazione delle donne e degli uomini del SSN, di chi, cioè, per dirlo con parole del Ministro Speranza “questo sistema lo ha fatto diventare grande: i professionisti che lavorano in corsia, negli ambulatori periferici, nei laboratori, nelle guardie dimenticate da tutti, nei pronto soccorsi affollati”. E che , ancora una volta, stanno sopportando uno intenso stress fisico e mentale, non privo di rischi, per garantire a tutti il diritto alla salute,l’unico che la Costituzione definisce fondamentale.
di Costantino Troise
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