di Mauro Seminara
A volte sembra che il Mar Mediterraneo, malgrado fatto solo di acqua, abbia un’anima e che questa sia anche più sensibile di quella dei popoli che vivono sulle sue coste. Accade così che prima dell’alba di mercoledì 16 dicembre 2020 i corpi di quattro bambini vengono restituiti alla terra dal Mar Mediterraneo, scelti per apparentemente inspiegabile ragione tra quelli inghiottiti dopo un naufragio fantasma. La notizia è stata lanciata dall’agenzia di stampa francese AFP, messa in circuito con una foto di copertine su una scogliera ed un operatore della Mezza Luna Rossa libica. Contemporaneamente, con un video viene lanciata anche dall’agenzia di stampa russa Ruptly. Pare lo stesso operatore dell’informazione che documenta lo stesso operatore della Red Crescent libica. Si chiama Hassan Mokhtar al-Bey l’operatore Mezza Luna Rossa che mostra in foto e video il luogo del ritrovamento raccontando che avevano appreso di una barca in difficoltà a circa 30 miglia dalla costa libica, a nord di Zawiya. A bordo pare ci fossero circa 30 persone e stando a quanto raccontato da Hassan Mokhtar al-Bey alla AFP, si temeva già per un naufragio.
Era la sera del 15 dicembre, e sull’isola italiana di Lampedusa arrivavano le prime barche di migranti partite dalla Tunisia. Era quindi fondato il timore che anche dalla Libia, pur più lontana e più esposta ai rischi di mutevolezza meteo del Mar Mediterraneo in questo periodo dell’anno, i trafficanti potessero decidere di mettere in mare barche gremite di persone per spedirle verso morte certa. E pare che così sia stato. I corpi dei quattro bambini hanno dimostrato in un solo straziante colpo la crudeltà dei trafficanti e la necessità di abbandonare la Libia, il verificarsi di un ennesimo naufragio e l’incapacità del “partner dell’Italia” di salvare vite umane in pericolo invece di contrastare le partenze. Quest’ultimo aspetto trova dimostrazione nel fatto che la Mezzaluna Rossa sapeva della barca in pericolo ma la cosiddetta “guardia costiera libica” pare non abbia salvato nessuno. La notizia inoltre è passata in sordina, con due lanci di diverse agenzie – AFP e Ruptly – e nessun seguito sulla stampa europea ed in particolare su quella italiana. Abbiamo atteso di trovare opportuni riscontri alla vicenda e deciso di darne notizia, oggi, nel modo più violento.
L’IOM, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha confermato la notizia dei corpi dei quattro bambini oltre 24 ore dopo il ritrovamento da parte della Mezzaluna Rossa che si era spinta su quel tratto di costa la stessa notte tra il 15 ed il 16 dicembre. Safa Msehli, portavoce delle Nazioni Unite per le migrazioni da Ginevra, la sera del 17 dicembre ha confermato il ritrovamento dei quattro bambini ricordando una frase: “Niente più morti in mare”. Si tratta delle parole pronunciate dai leader europei dopo la strage di Lampedusa del 2013. Safa Msehli la cita aggiungendo una breve caustica precisazione sul momento in cui questa frase viene ricordata, cioè: “Più di 20.000 morti dopo”. Il silenzio però avvolge la carta stampata ed anche gli altri media che, in molti casi, hanno ben più imponenti risorse per ottenere i dovuti riscontri e mostrare al mondo cosa continua ad accadere in Libia. Anche se il Mar Mediterraneo ha deciso di restituire i corpi di quattro bambini di età compresa tra i cinque ed i dieci anni, l’uomo pare non intenda diffondere il suo messaggio.
In Italia, per quanto attiene all’informazione, vigono regole che tra le pagine virtuali di questo giornale non sono del tutto condivise. Non si condividono ad esempio le regole spacciate per dovuto rispetto delle vittime e che, nel più dei casi, altro non sono che assoluta mancanza di rispetto delle stesse, nascoste agli occhi dell’opinione pubblica e relegate a ruolo di solo numero; private quindi di identità e quindi di umanità. Questo è a nostro modesto parere il più grave contributo alla disumanizzazione, all’anastesia della coscienza collettiva ed individuale. Quattro bambini, in tenera età costretti a fuggire dalla Libia a bordo di una barca che naufraga con circa trenta persone a bordo tra le quali probabilmente i loro genitori, diventano “altre quattro vittime” di cosa deciderà l’orientamento politico della testata che – se – ne darà notizia. Ma questi quattro corpi, di età compresa tra quelle dei figli di molti lettori, coetanei dei figli di molti italiani, erano quattro bambini di nazionalità presumibile egiziana deceduti soli ed in modo ignobile nel terrore di un naufragio consumatosi a decine di chilometri dalla costa ed avvolto dal buio.
Abbiamo quindi deciso di mostrarveli, avendo atteso di pubblicare la notizia solo ottenuto il riscontro dei fatti ed avendo trovato oltre il riscontro anche le strazianti prove. Abbiamo deciso di pubblicare le foto, oscurando i volti dei bambini, perché non intendiamo accettare che da Alan Kurdi in poi la cruda realtà venga sottoposta a censura perché gli animi non abbiano a scuotersi neanche per la brevissima indignazione tipica della emotività sui social. Dal bambino con la maglietta rossa riverso in spiaggia in poi, il mondo ha finto che ciò non sia più accaduto. Ecco invece come continua ad accadere. Ecco le foto dei quattro corpicini sulla costa di Sorman, nel distretto di Sabratha e Sorman, ad ovest di Tripoli tra la capitale della Libia occidentale e Zawiya, la capitale libica del traffico di migranti.