di Mauro Seminara
I rapporti diplomatici tra l’Italia e la Tunisia rischiano di raggiungere un punto critico con l’inchiesta aperta dalla Procura di Sousse su centinaia di container partiti dalla Campania per uno smaltimento in nord Africa ed adesso posti sotto sequestro insieme all’azienda che avrebbe dovuto curare lo smaltimento. L’ultimo anno ha visto inasprirsi la diplomazia tra Roma e Tunisi, già pregiudicata dal Summit di Berlino sulla Libia. Al tempo del vertice internazionale, la Tunisia, già guidata dal presidente Kais Saied, succeduto al primo presidente del nuovo corso democratico Beji Caid Essebsi, non era stata invitata a Berlino quale “attore importante” per le sorti della Libia. Saied non aveva gradito che l’Italia, già assente alla cerimonia funebre di Essebsi con una capo di Governo o presidente della Repubblica, non aveva esercitato opportuna pressione perché la Tunisia fosse presente.
Da quell’episodio si è poi passati alla crisi economica della Tunisia con la richiesta di aiuti all’Italia che non ha trovato un partner ma che finì sul tavolo della questione migratoria con Roma che, a fronte di pochi milioni di euro di sostegno, pretendeva un radicale giro di vite da parte tunisina sulle partenze dei migranti irregolari in sensibile aumento nel corso del 2020. Tra migranti e crisi economica inoltre si era visto il pugno duro italiano sulla caccia ai pescherecci tunisini che sconfinavano in battute di pesca nelle acque italiane. In un caso si era giunti perfino ad un lungo inseguimento con colpi d’arma da fuoco che avevano colpito una barca da pesca della Tunisia. Recentemente era in programma un incontro a Roma tra il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ed il primo ministro tunisino Hichem Mechichi, poi annullato per un caso di positività al Covid-19 nello staff tunisino. L’incontro è stato rinviato e dovrebbe svolgersi nelle prossime settimane, ma questa volta sul tavolo ci sarà un caso che scotta per entrambi i Paesi: il traffico di rifiuti internazionale con 290 container da rispedire in Italia.
Il caso
Il giro di rifiuti il cui smaltimento transfrontaliero è vietato dalle leggi tunisine vede nell’occhio del ciclone due aziende, l’italiana SRA, “Sviluppo Risorse Ambientali Srl”, di Polla (Comune italiano di poco più di cinquemila abitanti in provincia di Salerno), e la Soreplast di Sousse, città turistica sulla costa tunisina, che le autorità nordafricane hanno già posto sotto sequestro. La Soreplast è stata definita anche dalle autorità tunisine come “dormiente” fino alla commessa di smaltimento dei rifiuti imbarcati su una portacontainer nel porto di Salerno. Tra le due aziende la spedizione di 290 container con complessive 120mila tonnellate di rifiuti da smaltire in Tunisia per un affare da oltre 5 milioni e 700mila euro. La spedizione ha il visto della Regione Campania e riguarda ufficialmente risulta plastica di lavorazioni industriali, ma giunti i primi 70 container a Sousse vien fuori ben altro. Le autorità tunisine bloccano l’uscita dei container dal porto ma nel frattempo erano arrivati altri 220 container che adesso dovranno tornare in Italia.
Le denunce
Del caso si erano occupati il parlamentare tunisino eletto all’estero Majdi Karbai e l’europarlamentare italiana Maria Muscarà. Karbai aveva coinvolto Muscarà e l’eurodeputato Piernicola Pedicini per scoprire cosa stava accadendo tra la Campania e la costa tunisina, ma le sue interrogazioni e le sue richieste sono cadute parzialmente nel vuoto. Almeno per le aspettative di risposte formali. Qualcosa però sulla vicenda si stava muovendo. L’eurodeputata Muscarà, del Movimento 5 Stelle, secondo quanto attribuito tra virgolette da Repubblica di ieri 23 dicembre con un articolo a firma di Irene de Arcangelis, ha “fatto una interrogazione alla Regione” e per ben due volte le è stato risposto “che tutto era in regola e che c’era una autorizzazione all’imbarco ed al trasferimento dei rifiuti” che, fa notare la stessa europarlamentare, dovrebbe essere concessa dopo verifica del contenuto dei container.
Il giro mediterraneo dei rifiuti
La spedizione è stata sequestrata a luglio nel porto di Sousse, ma la vicenda ha visto il suo culmine domenica 20 dicembre, quando il primo ministro tunisino ha annunciato il ritiro della delega ministeriale a Moustapha Aroui, responsabile fino a quel giorno per l’ambiente in Tunisia. Poche ore più tardi del brusco siluramento del ministro sono arrivati i mandati d’arresto per i vertici di Ambiente e anche delle Dogane. Tra gli arrestati anche Aroui che, al momento in cui è stato eseguito il mandato non era più ministro. Mentre in Italia era stato informato il ministro Sergio Costa, responsabile per Ambiente e Tutela del territorio, in Tunisia finivano sotto arresto insieme ad Aroui anche il suo capo di gabinetto ed altre figure apicali della gestione delle dogane e della gestione dei rifiuti.
L’inchiesta
A novembre aveva dato il via alle danze la l’emittente televisiva tunisina privata El Hiwar Ettounsi con un servizio sull’arrivo dei primi 70 container, racconta l’agenzia di stampa francese AFP che non fa certo sconti all’Italia sulla vicenda. Un coinvolgimento, quello italiano, che forse deve ancora emergere come in Francia “i cugini” si aspettano, oppure sperano. A Salerno dovrebbe vedere la luce un fascicolo sul caso, parallelo all’inchiesta tunisina di Sousse. Le due Procure potrebbero anche interagire se verranno avviate rogatorie internazionali per lo scambio delle informazioni. Nel caso verrebbero fuori anche approfondimenti sulle due aziende coinvolte, la SRA di Polla e la “drmiente” Soreplast di Sousse che, da quanto siamo riusciti ad apprendere, risulta essere un’impresa interamente tunisina… su carta. La correlazione tra le due imprese e le responsabilità in capo agli organi di controllo sulle spedizioni, partite dall’Italia con un presunto contenuto e giunte in Tunisia con un altro, sarebbe quindi ciò che attende la diplomazia internazionale dopo la punta dell’iceberg appena scoperta. Intanto in Tunisia è stato già convocato il console tunisino in Campania.
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