di Mauro Seminara
Di certo in Libia gli spari sono stati di arma da fuoco e non di giochi pirotecnici anche a capodanno, e per chi è costretto ad abbandonare quella terra non fa differenza una data che è solo simbolica ricorrenza di svolta anche dove anno nuovo non vuol dire fine pandemia o nuova vita. Questa notte Alarm Phone, la sala operativa civile di richiesta soccorso marittimo, ha ricevuto una richiesta di aiuto ed individuato la posizione di un natante gremito di profughi a circa 140 chilometri sud di Lampedusa. La barca, poi risultata avere a bordo 96 persone, si trovava in area di responsabilità ricerca e soccorso (SAR) di Malta, ma da quanto affermato pubblicamente da Alarm Phone, dalla sala operativa maltese nessuno rispondeva o – ancora peggio – veniva subito riagganciato il telefono.
In area, disponibile per un salvataggio di vite umane c’era solo la Open Arms, nave umanitaria per il soccorso marittimo della omonima Ong catalana che a bordo aveva già 196 persone soccorse il pomeriggio del 31 dicembre 2020. La Open Arms ha rintracciato questa mattina la barca con i profughi salpati dalla Libia ed in grave pericolo nel Mediterraneo centrale ovviando alla totale assenza di navi da soccorso governative. Permane quindi l’assenza di un dispositivo di soccorso marittimo sulla letale rotta dei migranti tra la Libia e l’Italia. Procede inoltre il declino di responsabilità tra chi ha affidata una vastissima area SAR, come Malta e Libia, e chi ha invece un imponente assetto navale nel porto più vicino all’area che ogni anno registra migliaia di vittime. In mezzo rimane la piccola nave Ong catalana che, unica a navigare in missione a ridosso di capodanno, ha già salvato 265 vite umane dirigendosi adesso a nordest, verso lo Stato che ha la responsabilità SAR nel tratto di Mediterraneo centrale in cui le persone sono state salvate.
Anche le 96 persone soccorse stamane dalla Ong catalana, che opera in partnership con Emergency, si trovavano a bordo di un natante in legno. Al momento dell’arrivo del rimorchiatore umanitario la barca era alla deriva e quindi enormemente esposta a rischio di naufragio. Nel primo pomeriggio i naufraghi erano già affidati alle cure dell’equipe medica di Emergency che si era già occupata dei primi 169 naufraghi, soccorsi l’ultimo dell’anno in condizioni di estrema difficoltà. Alcuni sono stati afferrati dalle braccia del team rescue di Open Arms e tirati su dal mare in cui in pochi secondi avrebbero perso mobilità per ipotermia e sarebbero quindi annegati. La Open Arms aveva superato l’ispezione della Guardia Costiera che aveva imposto ad altre navi Ong il fermo amministrativo, ma pur idonea a prendere il mare e quindi soccorrere persone la dove necessario, il piccolo rimorchiatore non è una nave da crociera su cui poter ospitare per giorni dei naufraghi. La conformità di una nave ad un soccorso marittimo per stato di estrema necessità non può quindi prescindere dall’immediata assegnazione di un luogo sicuro di sbarco nel quale concludere il salvataggio effettuato.