di Mauro Seminara
Questa mattina è stato preso d’assalto il palazzo del Governatorato di Sfax dai familiari dei ragazzi che risultavano scomparsi dopo che a bordo di una barca avevano preso il mare dal porto tunisino il 6 gennaio per raggiungere l’Italia. La Guardia Nazionale tunisina ha cercato con insistenza la barca di cui da venerdì si era persa ogni traccia. La determinata protesta dei familiari pare abbia prodotto la coincidente ricerca aerea dell’imbarcazione. L’abbandono delle ricerche avrebbe potuto causare la morte di tutte le persone a bordo. Lo sbarco è avvenuto questa mattina a Mahdia e che sono le stesse persone lo hanno confermato i familiari con cui cercavamo di mantenere i contatti. Anche il parlamentare Majdi Karbai, in questo momento proprio in Tunisia, ha verificato e confermato telefonicamente che si tratta della stessa imbarcazione.
Sulla barca, alla resa dei conti con le informazioni ormai ufficiali dopo lo sbarco dei superstiti, non c’erano solo i ragazzi di Sfax – che erano infine 4 e non 6 come da prime informazioni assunte – ma anche circa 40 migranti di etnia subsahariana che hanno anch’essi patito freddo e stenti. Tra loro, uomini, donne e bambini, c’era anche un neonato che a causa del freddo non è sopravvissuto alla fallita traversata. Viaggiava in braccio alla madre. Non conosciamo ancora la nazionalità né l’età esatta della piccola innocente vittima di un gioco di frontiere che continua a mietere vittime anche tra i neonati. A fronte di una buona notizia, il ritrovamento della barca soccorsa dalla Guardia Nazionale, una ennesima straziante notizia con un nuovo piccolo Yusuf da seppellire.