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Naufragio e respingimento, 43 dispersi. La Libia fa strage e Frontex è sotto inchiesta

La motovedetta libica che intercetta il gommone con i migranti a nord di Zawiya (Libia) la mattina del 20 gennaio 2021 fotografata dal velivolo "Moonbird" della Ong Sea Watch

di Mauro Seminara

Una brevissima finestra di meteo pericoloso ma dalla costa libica apparentemente favorevole, ed ecco che in mare ci sono due o più imbarcazioni cariche di profughi di quella Libia che per le Nazioni Unite non sono un porto sicuro e per l’agenzia delle Nazioni Unite che si chiama IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) lo è al punto da affidarle un’area SAR sconfinata. Delle due imbarcazioni di cui si ha al momento certezza, entrambi gommoni monotubolari di prassi libica, una fa naufragio e finiscono tutti in mare. Ci sono circa 40 dispersi e soltanto 10 sopravvissuti. “L’imbarcazione, che si è imbarcata nelle prime ore di martedì – spiegano le agenzie IOM e UNHCR in un comunicato stampa congiunto – dalla città di Zawya, si sarebbe ribaltata a causa delle cattive condizioni del mare quando il motore si è spento, poche ore dopo la partenza“. Delle 53 persone a bordo, dato provvisorio in attesa di ulteriore conferma, si sono salvate solo dieci persone le cui nazionalità, come riportato dalle predette agenzie delle Nazioni Unite che operano in Libia, sono principalmente della Costa d’Avorio, della Nigeria, del Ghana e del Gambia, e “hanno riferito che coloro che sono morti erano tutti uomini provenienti da Paesi dell’Africa occidentale“.

Alcuni superstiti del naufragio in una foto del momento del soccorso diffusa dal “GACS Libya” via “Migrant Rescue Watch” già la mattina del 20 gennaio 2021

La notizia del naufragio, il primo del 2021, appresa questa mattina da altre e non ufficiali fonti, si riferisce ad un evento (partenza e naufragio) occorso in data 19 gennaio 2021. In data odierna invece il respingimento in Libia di un’altra imbarcazione, con 56 persone a bordo, anch’esse di etnia subsahariana, raggiunta da una motovedetta libica nuova fiammante che tanto ricorda la classe “Corrubìa” della italiana Guardia di Finanza, ma troppo nuova – sia la classe d’altura delle Fiamme Gialle che la motovedetta libica intervenuta stamane – per essere una dismissione del prestigioso Corpo dello Stato italiano poi donata ai cosiddetti guardacoste libici. L’intervento di recupero è stato documentato dal velivolo Moonbird, il piccolo aereo da ricognizione della Ong tedesca Sea Watch da poco tornato a volare. A nord di Zawiya, in acque internazionali di responsabilità SAR irresponsabilmente attribuita alla Libia è avvenuto il “soccorso” con respingimento in porto non sicuro. A nord di Zuwara invece il naufragio, ma in acque territoriali libiche e senza motovedette di soccorso sul posto e per tempo.

Un’altra foto di superstiti del naufragio del 19 gennaio 2021 diffusa dal “GACS Libya” mediante “Migrant Rescue Watch” sul suo account Twitter @rgowans

I due gommoni, rispettivamente con 53 e 56 persone a bordo, potrebbero però non essere gli unici che i trafficanti libici hanno messo in mare malgrado le condizioni meteo marine del tutto inaffidabili ed una nuova burrasca in arrivo imminente. Ma avere informazioni attendibili sulla terza imbarcazione, se non addirittura su eventuali altre, è spesso quasi impossibile. Il riserbo cui contribuiscono tutti, Marina Militare italiana e Guardia Costiera con la sua sala operativa per il Coordinamento del Soccorso Marittimo (IMRCC), ma anche le stesse Organizzazioni non governative che troppo spesso omettono la diffusione di informazioni circa la presenza di imbarcazioni in pericolo fino ai loro rispettivi tweet ufficiali di epilogo con annessa invettiva verso l’Europa o Malta (quasi mai si legge “Italia” in questi messaggi), rende quello delle barche con migranti un affare di Stato talvolta con tutti i contorni del cosiddetto “Segreto di Stato”, ma internazionale. Tra queste piccole omissioni ci sono infatti anche i velivoli, “Moonbird” di Sea Watch e il nuovo arrivato “Colibrì-2” di Pilotes Volontaires, che volano in area ed avvistano imbarcazioni in pericolo, ma la cui presenza pare debba rimanere nell’ombra anche per i sistemi di tracciamento che vedono missioni aeree militari di qualunque Paese tranne loro. Quasi fossero velivoli di Frontex, l’agenzia europea per il “controllo delle frontiere esterne” adesso nell’occhio del ciclone insieme al suo numero uno per condotte illecite e respingimenti di persone non identificate in mare.

Il velivolo da ricognizione “Colibrì-2” della Ong “Pilotes Volontaires” sulla pista dell’aeroporto di Lampedusa il 7 gennaio 2021

Non da oggi, Mediterraneo Cronaca ha una posizione drasticamente critica nei confronti dell’agenzia europea, di cui si sa poco, sia in termini di budget e bilancio che riguardo all’impiego di velivoli a noleggio dalla DEA (DEA Aviation Ltd.) con i quali avvista migranti in pericolo e ne segnala la posizione ai libici pur sapendo che le motovedette nordafricane non dovrebbero ricondurli in un Paese in guerra che non ha mai adottato la Convenzione di Ginevra né linee guida compatibili con la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. “Sul tavolo dei commissari di Bruxellesscrive Nello Scavo oggi su Avvenireè stato depositato il primo report dopo l’inchiesta ordinata in seguito alle denunce che indicano le omissioni e la diretta cooperazione nei respingimenti sulla rotta balcanica, quelli nel mare Egeo, e gli ambigui rapporti con la cosiddetta Guardia costiera libica per il tramite di Paesi come Italia e Malta.” D’un tratto, quindi, in Unione europea ci si accorge che l’intervento della sedicente guardia costiera armata e addestrata dall’Italia, cui Frontex segnala le imbarcazioni da “recuperare” per quel “contenimento” delle partenze voluto dall’Italia e approvato dall’Europa, non ha nulla a che vedere con le consegne di tutela dei diritti umani che costituiscono le teoriche basi dell’Unione europea e che i respingimenti ordinati nel Mar Egeo come l’azione di Frontex al confine della Bosnia Erzegovina sono da paragonare ai motivi per cui l’ex ministro degli Interni italiano attende di sapere se verrà processato. Ma nel frattempo, tra partenze, respingimenti e naufragi, di canali legali non se ne parla e nel Mediterraneo centrale ci sono già 40 dispersi che, con le probabilità offerte da moto ondoso e temperatura del mare, sono quasi certamente morti.

Uno dei velivoli da ricognizione di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione, durante una missione nel Mediterraneo centrale
Mauro Seminara: Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.
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