di Mauro Seminara
La Ocean Viking, ammiraglia della disarmata flotta di navi Non governative che operavano soccorsi di migranti naufraghi nel Mediterraneo centrale, dopo il fermo amministrativo imposto dalle autorità italiane per le dotazioni di bordo in rapporto al numero di “passeggeri” che – salvati da probabili naufragi – salivano a bordo, ha ripreso il mare ed anche a salvare vite in balìa delle onde. Tra una sequenza fitta di “respingimenti” operati dalle motovedette libiche che hanno ricondotto in un porto non sicuro, sotto gli occhi di Frontex, centinaia di profughi salpati dalla Libia, la Ocean Viking è intervenuta in soccorso di varie imbarcazioni la cui presenza era stata segnalata dalla piattaforma di allerta civile Alarm Phone o dai velivoli Ong “Moonbird” e Colibrì-2″. In due giorni la nave di SOS Mediterranee è intervenuta in soccorso di quattro barche in pericolo salvando le persone che vi erano a bordo. In altri casi la Ocean Viking aveva provato ad intervenire, offrendo anche supporto ai libici qualora fosse necessario per operare in maggiore sicurezza, ma la sua presenza non era gradita. A bordo della nave da soccorso marittimo umanitario ci sono adesso 373 naufraghi, che secondo la logica amministrativa italiana sarebbero “passeggeri” per i quali la nave di SOS Mediterranee ha dovuto operare interventi a bordo ed implementare anche il numero degli autogonfiabili.
Tra i naufraghi soccorsi c’era anche una donna all’ottavo mese di gravidanza, il cui compagno è rimasto in Libia. La gestazione della donna era palesemente a rischio. Così è stata considerata dall’equipe medica di bordo, ma anche e soprattutto dai medici del Cisom (Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta), che operano in convenzione con la Guardia Costiera italiana. Alle due di oggi, sabato 23 gennaio 2021, la motovedetta della Guardia Costiera uscita dal porto di Lampedusa per la richiesta di evacuazione medica urgente (“medevac”), aveva trasbordato la donna che mezz’ora dopo si trovava già al poliambulatorio dell’isola. A bordo della Ocean Viking rimangono quindi 373 delle 374 persone salvate in quattro diversi eventi tra la mattina del 21 e la sera del 23 gennaio 2021. Gli interventi di salvataggio operati dalla nave ONG sono tutti in acque internazionali, e il place of safety (luogo sicuro di sbarco) più vicino è italiano, indipendentemente dalla responsabilità SAR (ricerca e soccorso) del punto in cui i soccorsi sono stati effettuati. La Ocean Viking si trova attualmente a circa 25 miglia est-sudest di Lampedusa. Un miglio in più rispetto alla fascia di contiguità che si estende per 12 miglia oltre le 12 territoriali. La stessa fascia in cui è stato autorizzato il transito per l’evacuazione medica urgente della donna in gravidanza. Nessuna autorizzazione per l’ingresso in acque territoriali, né ovviamente per lo sbarco.
La nave di SOS Mediterranee attende quindi l’assegnazione di un POS (place of safety, porto sicuro) e lo attende con a bordo 165 minori tra i 373 naufraghi presenti. Tra questi, ben 131 risultano essere minori non accompagnati, cioè senza alcun familiare adulto al seguito. Ci sono anche 21 bambini, piccoli, di età compresa tra le 4 settimane e i 4 anni, e poi 47 donne e in generale uomini, donne e bambini che hanno subito traumi, intossicazioni, maltrattamenti e qualunque altra causa di vulnerabilità per la quale sarebbe ovvio assegnare in coordinamento il porto sicuro più vicino per l’immediata chiusura del soccorso e poi discutere chi deve accogliere i profughi e dove. Ma alle 19 del 23 gennaio 2021 ancora la nave non sa dove dirigersi ed a bordo ci sono naufraghi e non “passeggeri” in crociera per cui poi imporre fermi amministrativi. Sulla nave che attende un porto si trovano persone di ogni nazionalità, con storie personali diverse e motivi di fuga diversi. Qualcuno, per fortuna, li ha soccorsi. Nessuno però sembra voler trovare un ritorno all’automatismo dell’assegnazione di luogo sicuro di sbarco naufraghi, forse perché nessuno li vuole. Almeno fino a quando non arriveranno le condanne.