di Mauro Seminara
Alle 12:15 del 25 gennaio 2021 la nave della Ong internazionale SOS Mediterranee è entrata nel porto di Augusta come da disposizioni dell’autorità marittima per lo sbarco dei 373 naufraghi soccorsi tra giovedì 21 e venerdì 22 dello stesso mese. A bordo c’erano 47 donne, tre delle quali in stato di gravidanza. Una era stata invece evacuata in urgenza a Lampedusa il 23 gennaio dalla Guardia Costiera mediante un trasbordo in acque internazionali. C’erano anche 165 minori, dei quali 131 senza neanche un familiare adulto al seguito. Gli uomini, mediamente di età compresa tra i 20 ed i 30 anni, erano 161. Ma tra i naufraghi salvati dalla nave Ong in acque internazionali, nella cosiddetta “SAR Libica”, c’erano anche molti bambini. Uno aveva appena un mese di vita, altri 20 un’età al di sotto dei 4 anni, altri 32 variavano tra i 5 ed i 15 anni. Il 50% dei naufraghi che si trovavano a bordo della Ocean Viking era esattamente quello che si può definire “soggetto vulnerabile”. Lo sbarco delle 373 persone soccorse è iniziato alle tre del pomeriggio.
La Ocean Viking nel porto di Augusta con la SNAV Adriatico sullo sfondo
La nave ha avvicinato il porto sicuro italiano di Lampedusa sabato 23 gennaio, dove stazionava peraltro la nave quarantena Rhapsody, ma solo per un trasbordo ed in acque internazionali
Per Ocean Viking, ad Augusta, porto militarizzato siciliano in provincia di Siracusa, è stato disposto l’ingresso in porto e l’ormeggio. Dalla nave dovevano infatti scendere i minori non accompagnati da condurre in idonee strutture, quindi aveva poco senso un trasbordo in alo mare. Per gli altri, già ormeggiata ad Augusta pronta a riceverli a bordo, c’era la SNAV Adriatico. Una delle navi quarantena noleggiate dal Governo italiano. Al passaggio della Ocean Viking per l’ingresso in porto si sono levati risonanti applausi dai ponti della SNAV Adriatico. Erano gli operatori della Croce Rossa italiana, che fornisce assistenza sulle navi quarantena. Un applauso, da nave a nave all’interno del porto, che restituisce quella confortante resilienza dell’umanità in questo confuso Paese. La ammiraglia delle navi Ong, piccola al cospetto della SNAV Adriatico, è passata a pochi metri dalla nave quarantena per ormeggiarvi accanto e gli operatori della Croce Rossa, affacciati al ponte della imponente nave passeggeri di Grandi Navi Veloci, hanno potuto salutare ed applaudire i soccorritori ed i soccorsi incrociandone gli sguardi.
La nave della Ong internazionale SOS Mediterranee aveva soccorso quattro imbarcazioni in pericolo in meno di 48 ore traendo in salvo 374 persone. Una di queste, una giovane donna all’ottavo mese di gravidanza, era stata evacuata a Lampedusa il giorno successivo all’ultimo dei quattro soccorsi. La mattina del 24 gennaio era già stata allertata tutta la filiera di operatori che avrebbero dovuto operare lo sbarco dei restanti 373 naufraghi ad Augusta, dagli operatori della Croce Rossa per la nave quarantena SANV Adriatico a quelli sanitari a terra fino alle strutture in cui verranno adesso ospitati i minori non accompagnati. Alla Ocean Viking, che nel frattempo cercava un timido riparo nei pressi di Malta, isola-Stato alla quale aveva chiesto un porto sicuro che non le era stato concesso, è stato comunicato telefonicamente alle 16:24 di dirigersi ad Augusta. Questo secondo le informazioni fornite dalla Ong che precisa l’assegnazione del porto a mezzo telefonata ricevuta da IMRCC, la sala operativa del Maritime Rescue Coordination Centre italiana. L’assegnazione di un porto, da parte delle autorità italiane, è comunque arrivata in un tempo relativamente breve. Almeno rispetto ai tempi del Viminale di Matteo Salvini ed anche a quelli dell’attuale ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, nei suoi primi mesi di delega.
Il luogo sicuro più vicino per lo sbarco dei naufraghi in questione, il place of safety per i profughi della Libia, in questi casi viene assegnato per lo sbarco e la protezione che probabili richiedenti asilo hanno diritto di avere dopo le vicissitudini che hanno dovuto subire in Libia prima ancora che in mare. Gli operatori di SOS Mediterranee hanno raccolto alcune testimonianze che forniscono una cifra esatta delle condizioni in cui i migranti vivono nel Paese in cui l’Italia prevede vengano “contenuti” anche mediante le motovedette, il supporto e l’assistenza che fornisce alla Libia. Un giovane ragazzo del Mali, ad esempio, aveva una grave ferita da arma da fuoco notata da chi gli forniva assistenza, anche sanitaria, a bordo della nave. La sua vicenda è stata raccolta dal team di soccorritori della Ocean Viking: “In Libia eravamo tutti stipati in una casa, non eravamo liberi di andare dove volevamo. Ero fuori quando sono arrivati i banditi e volevo correre per avvertire gli altri. Quando hanno sparato, io sono caduto a terra. Pensavano che fossi morto e mi hanno semplicemente lasciato lì. Onestamente, ho anche pensato che sarei morto. Questo accade sempre in Libia. Sono stato curato per questa ferita solo 4 ore dopo, un amico mi ha portato da una donna camerunese che era medico e lei si è presa cura di me“. Questo accade li, dove l’Italia vuole che ritornino i migranti avvistati in mare.