di Mauro Seminara
Si alza ancora il numero di giovani tunisini che si imbarcano dai porti del sud del Paese per lasciare la patria. Oggi una barca con 48 persone a bordo ha raggiunto le vicinanze dell’isola pelagica italiana prima dell’intervento delle autorità. Al largo di Lampedusa è avvenuto il trasbordo dei migranti sulla motovedetta SAR d’altura CP-324 che li ha poi sbarcati al solito molo militarizzato dell’isola alle sei del pomeriggio. Sulla barca fermata dalle motovedette, e poi messa in sicurezza con il trasbordo della Guardia Costiera, c’erano 33 uomini, adulti, e 15 minori che dalle prime informazioni assunte risulterebbero essere ragazzi partiti senza un familiare adulto al seguito. Questa la composizione degli harragas partiti dal porto di Chebba con alle spalle la miseria economica che la Tunisia sta attraversando.
Il presidente Kais Saied continua a farsi vedere in strada, avvicinando il popolo per ascoltarlo e tentare di contenerne l’ira, ma dalla capitale ai centri abitati del sud del Paese la differenza è sensibile e la fame sta raggiungendo livelli drammatici. A poco serviranno gli arresti di massa conseguenti alle accese proteste non organizzate che si registrano in Tunisia. Forse solo a causare la pronosticata conseguenza di un esodo di massa verso le coste italiane per un disperato viaggio che non consentirà ai giovani migranti di raggiungere le destinazioni immaginate alla partenza. Lampedusa quindi rischia quest’anno di rivivere momenti prossimi a quelli già vissuti nel 2011, salvo che in Europa qualcuno non comprenda la necessità di dar seguito a quel trito e vuoto slogan che suona “aiutiamoli a casa loro”. In questo caso, la casa è quella in cui l’Italia ha ingenti interessi commerciali e nella quale la delocalizzazione dell’impresa italiana è presente ed anche in modo piuttosto diffuso.
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