di Mauro Seminara
Questa mattina a Lampedusa è arrivata un’altra barca di persone migranti partiti dalla Libia. La barca, salpata da un porticciolo vicino Zuwara – solita enclave libica in cui anni di missioni militari e partnership Italia-Libia mascherate da lotta ai trafficanti non sono mai riuscite a fermare un trafficante – era troppo piccola per evitare che la commistione delle esalazioni da idrocarburi, unite al sudore che queste anomale giornate invernali causano, provocassero gravi ustioni chimiche. E a farne le spese è stata una donna che si trovava a bordo insieme ai suoi quattro figli, anch’essi vittime di ustioni chimiche. Le più gravi hanno però colpito la donna, giunta a Lampedusa con immediata necessità di intervento medico. Già in passato a Lampedusa si sono verificati simili eventi ed il medico Pietro Bartolo, oggi eurodeputato e vicepresidente della Commissione Libertà Civili dell’Unione europea, non ha mai perso occasione per descriverne gli effetti. Per la donna era stata subito predisposta una ospedalizzazione al centro grandi ustioni di Palermo.
Sulla barca, per la quale sono intervenute insieme la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza da Lampedusa, c’erano 67 persone. Troppe per un barchino come quello sulle quali erano state costrette. Tra i malcapitati c’erano 30 uomini, 16 donne, 13 minori insieme a familiari, alcuni dei quali proprio con la donna gravemente ustionata, e 8 minori non accompagnati. Tra questi giovanissimi migranti senza alcun familiare al seguito è emblematica la presenza di due bambine, una di 11 e l’altra di 12 anni, che hanno affrontato il viaggio da sole e delle quali al momento non si conoscono le storie ed i traumi che possono aver subito prima di salire a bordo di quel barchino. A bordo del pericoloso barchino approntato dai trafficanti c’era un nucleo familiare palestinese, ma anche persone di altre nazionalità, come Mali, Guinea Conakry, Egitto, Sudan, Costa d’Avorio ed anche della stessa Libia.
Le motovedette italiane hanno concluso l’operazione sbarcando questa mattina tutti e 67 nel porto di Lampedusa, dove è intervenuto il servizio sanitario del presidio ASP 6 di Palermo cui fa capo il poliambulatorio dell’isola ed il Punto Territoriale di Emergenza (PTE). Lampedusa infatti non ha un Pronto Soccorso e, malgrado i noti “red carpet” di personaggi politici nazionali e le recenti promesse dell’attuale presidente della Regione Siciliana circa un futuro ipotetico “piccolo punto ospedaliero”, sull’isola non c’é una piccola sala operatoria né una rianimazione e l’unico rianimatore in servizio è quello che fa parte dell’equipe dell’elicottero del 118.
Nel frattempo, nel Mediterraneo centrale c’é una delle tre imbarcazioni ONG operative, la più grande. Si tratta della nave Ocean Viking di SOS Mediterranee. Le altre due sono il veliero Astral di Open Arms e l’omonima nave Open Arms che è ormai prossima a raggiungerlo per una missione nell’area SAR libica. La Ocean Viking ha soccorso nei giorni scorsi quattro imbarcazioni – due il 4 febbraio e due ieri – per un totale di 424 persone partite tutte dalla Libia. Questa mattina dal ponte di comando della grande nave da soccorso marittimo è stato chiesto un “medevac”, una evacuazione medica urgente, per una donna in stato di gravidanza ed in condizioni sanitarie definite a bordo come critiche.
La donna è stata evacuata da un elicottero dell’AFM (le Forze Armate di Malta) insieme al suo compagno. Un’operazione che si immagina solo per circostanze estreme, essendo condotta da un elicottero che si ferma in sospensione sopra la nave e con un verricello prende a bordo le persone da evacuare. Questo ha però scelto di operare alle nove di questa mattina l’autorità maltese che nel frattempo, da ieri sera, ha sul tavolo una richiesta di assegnazione Place of Safety (luogo sicuro di sbarco) inviata a Malta ed all’Italia dalla Ocean Viking.
La richiesta è conseguenza della farsa sulla SAR libica e sul suo Joint Rescue Coordination Centre (JRCC). La ONG internazionale SOS Mediterranee comunica infatti di essersi rivolta al Centro di Coordinamento “libico” sia giovedì che venerdì per l’assegnazione di un Place of Safety (luogo sicuro di sbarco) – che ovviamente deve essere coordinato dalla Libia per competenza SAR a che non può essere in Libia – ma senza alcuna risposta da parte degli ufficiali in servizio, siano essi davvero libici oppure supplenti italiani.