di Mauro Seminara
Alle 18:30 di oggi, 21 febbraio, una motovedetta della Guardia Costiera è entrata in porto a Lampedusa con 89 migranti a bordo. Sono gli stessi migranti che, contate le teste dalle foto scattate dal velivolo da ricognizione civile “Moonbird” della Organizzazione non governativa Sea Watch, sembravano essere 77 e per i quali era stato lanciato l’allarme anche dalla piattaforma Alarm Phone ieri mentre ancora si trovavano sulla invisibile linea di confine tra le acque internazionali di responsabilità SAR (ricerca e soccorso) della Libia e quelle di Malta.
A bordo del gommone su cui navigavano, evidentemente sovraccarico e con i tubolari – unici, poco sicuri come si conviene per i trafficanti libici – già in parte sgonfi, c’era anche un donna che aveva terminato la sua gestazione. Sul gommone infatti è nata la piccola Fatima. Una nuova vita, venuta al mondo durante una traversata mortale mentre nessuno pare ritenesse opportuno andare incontro al gommone per soccorrerlo. Un parto “naturale”, in condizioni di vita a rischia per la madre e per tutti gli altri esseri umani a bordo, a poche ore di distanza da un naufragio in cui hanno perso la vita – ufficialmente dispersi – almeno sette persone ad appena 15 miglia da Lampedusa.
Il gommone con 89 persone tra cui la madre della piccola Fatima nata a bordo, fotografato dal velivolo Moonbird di Sea Watch il 20 febbraio 2021
“Non dovrebbe accadere – ci dice don Carmelo La Magra raggiunto telefonicamente dopo lo sbarco – né che si perdono vite in mare né che altre nascano su un gommone senza avere alcuna certezza di sopravvivere. Questo mare sta diventando ciò che non dovrebbe esistere, e questo accade per le scelte che vengono fatte a terra. Per le decisioni di chiusura che vengono prese a terra.” Il parroco di Lampedusa era presente all’arrivo dei naufraghi sulla banchina del molo Favarolo e ci racconta di un momento di gioia dei sopravvissuti e di tanti bambini. A bordo del gommone infatti c’erano 12 bambini e 16 donne oltre a 61 uomini. Tutti in balia delle onde mentre le grosse navi quarantena avevano difficoltà ad attraccare a Lampedusa. Le motovedette italiane intanto continuano a muoversi fuori dal porto di Lampedusa come legate ad un guinzaglio invisibile, sfiorando il confine delle dodici miglia senza oltrepassarlo se non la dove le acque di responsabilità SAR italiane non smettono di coincidere – anche solo per tre miglia – con quelle territoriali.