di Mauro Seminara
“La barca è affondata durante un viaggio iniziato nella tarda serata di giovedì dalla città di Sfax. Finora la Guardia costiera ha recuperato 21 corpi e le ricerche sono ancora in corso”. Questo è quanto Mouard Mechri, funzionario del servizio di protezione civile, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters. Il naufragio sarebbe quindi avvenuto mentre le persone tentavano la traversata in direzione di Lampedusa, dove nel pomeriggio di ieri sono arrivati altri 17 migranti partiti proprio dal porto tunisino di Sfax. Non risulta alcuna correlazione tra i 17 superstiti che sono riusciti a raggiungere Lampedusa, malgrado l’assenza di soccorsi in acque internazionali sia da parte della Tunisia che da parte dell’Italia, ed il naufragio occorso nella stessa giornata sulla stessa rotta. Le autorità tunisine confermano quindi il recupero di 21 vittime, ma non ci sono ancora pervenute informazioni ufficiali circa il numero di dispersi e di eventuali superstiti di cui Mouard Mechri non ha fatto menzione.
Nel pomeriggio di ieri sono sbarcati al molo Favarolo di Lampedusa, sotto operazione di autorità marittima italiana, diciassette migranti di varie nazionalità ma in prevalenza della Costa d’Avorio e della Guinea Konakry. Si tratta di undici uomini, cinque donne ed un minore accompagnato che hanno avuto più fortuna degli sventurati recuperati dalle autorità tunisine. La mutevolezza delle condizioni atmosferiche e meteo marine di questi giorni è solo uno dei fattori che determinano possibili tragedie. Altre riguardano il modus operandi del nucleo di trafficanti che si è insediato in quel delle città portuale di Sfax, in Tunisia, canalizzando un flusso di migranti subsahariani che aggira le varie forme di “contenimento delle partenze” dalla Libia messe in atto dal governo italiano mediante il supporto europeo.
Rimangono tutte ferme agli ormeggi le navi Ong che effettuavano soccorsi nel Mediterraneo centrale. Malgrado la rotta tra Sfax e Lampedusa – più breve e meno pericolosa di quella libica – non fosse area di missione per le navi umanitarie, l’assenza delle Ong si somma a quella degli assetti navali nazionali lasciando un vuoto che risucchia vite umane nel mare ormai più letale al mondo. Lo scorso mese, in analoghe condizioni ed al largo della stessa città portuale tunisina di Sfax sono morte altre 39 persone. Dato meno chiaro ma molto più elevato è quello delle vittime della rotta libica. Le lunghissime soste imposte dai fermi amministrativi conseguenti i cosiddetti Port State Control effettuati dagli ispettori della Guardia Costiera italiana continuano a lasciare il mare scoperto ed esposto a naufragi. Inoltre gravano sull’operatività delle navi umanitarie le azioni delle Procure della Repubblica che, se pur attualmente in fase di indagine o chiusura indagini, e con alle spalle solo una serie di fallimenti che hanno visto già prosciolti o assolti singoli operatori delle Ong, causano una sensibile riduzione delle donazioni con cui queste organizzazioni non governative finanziano le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale.