di Mauro Seminara
Le Organizzazioni Non Governative (ONG) che ancora operano soccorsi nel Mediterraneo centrale si dicono pronte a farsi da parte e di questo intendono parlarne con il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. C’è solo una condizione posta dalle firmatarie della lettera aperta pubblicata questa mattina da Repubblica: se le ONG lasciano il Mediterraneo centrale gli Stati si devono fare carico dei soccorsi ai barconi dei migranti. Probabilmente una condizione inaccettabile da parte dei governi che, sotto bandiere più o meno nazionaliste, da destra a sedicente centrosinistra, hanno approvato politiche criminali negli ultimi quattro anni senza mai un rimorso di coscienza o un dubbio sulla legittimità di tali politiche sul piano del diritto internazionale. Dal governo Gentiloni, e passando per quello Conte di Di Maio e Salvini e quello detto Conte bis con il duo PD-M5S fino ad arrivare all’attuale minestrone “dei migliori” con Mario Draghi in capo, tutti si sono adoperati per reprimere, contenere, respingere, chiudere porti, ritirare la Guardia Costiera al guinzaglio lungo 12 miglia e poi coprire di accuse diffamanti e fermi amministrativi quanti ancora si ostinavano a tendere la mano a chi rischiava di annegare come i 130 disgraziati di questo triste 22 aprile. Quei governanti che non hanno saputo neanche spendere una parola verso l’ennesima tragedia, per i quali il papa Jorge Bergoglio ha chiesto ieri il perdono, dopo aver detto loro di vergognarsi, dovrebbero rimettere indietro le lancette dell’orologio di almeno sette o otto anni. Così, con gli assetti aeronavali statali di nuovo operativi anche per i migranti, le ONG si ritirerebbero dal Mediterraneo centrale.
Il ritiro, di fatto, potrebbe poi non essere così appetibile per chi piuttosto che dimostrare umanità dimostra di saper impiegare anche 17 ore per trovare una tazzina da caffè non adeguatamente sanificata su una nave ONG, o comunque qualcosa con cui legittimare un fermo amministrativo e mettere così il fastidioso soccorritore civile fuori gioco. Che non si dica poi che la Guardia Costiera lascia morire le persone in mare e le ONG invece le salvano. O tutti o nessuno. E pare che in palazzi come Chigi, Viminale, Farnesina e dintorni si preferisca la seconda opzione: che nessuno li salvi. Un monito, come deterrente verso altri possibili migranti irregolari, che ha un prezzo di sangue inaccettabile per la società civile. Inaccettabile per quella società civile che mai si schiererebbe con le camicie nere in tempo di fascismo o con le SS in tempo di fascismo o con qualunque altro diverso modo di vedere la libertà e la democrazia. Quella società civile che, in altre parole, non è di indole criminale.
Il testo integrale della lettera aperta sottoscritta da Alarm Phone, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea Watch, SOS Mediterranee, pubblicata in esclusiva su Repubblica questa mattina:
Gentile presidente Mario Draghi,
dopo l’ennesima tragedia occorsa nel Mediterraneo giovedì scorso, crediamo indispensabile chiederle un incontro urgente.
Ogni volta che si ripete un naufragio speriamo che sia l’ultimo. Anche la tragedia di questi giorni poteva molto probabilmente essere evitata.
Nelle oltre 24 ore trascorse tra la prima segnalazione di Alarm Phone e il consumarsi della tragedia, la Ocean Viking ha atteso un intervento delle autorità marittime che coordinasse le operazioni, ma nonostante le autorità italiane, libiche e maltesi fossero tenute costantemente informate, questo coordinamento non c’è stato, o almeno non ha coinvolto l’unica nave di soccorso presente in quel momento. Che questa mancanza sia stata fatale è sotto gli occhi di tutti: oltre cento persone hanno perso la vita.
Questa, presidente, è la realtà del Mediterraneo. Dal 2014, più di 20.000 uomini, donne e bambini sono morti o scomparsi nel Mediterraneo centrale, che conferma il suo triste primato di rotta migratoria più letale al mondo. Nessuno degli accordi e provvedimenti adottati dagli Stati, dopo la fine dell’operazione Mare Nostrum, è mai riuscito a far diminuire il tasso di mortalità. Da allora le Ong hanno cercato di colmare il vuoto lasciato dagli Stati, ma in assenza di un coordinamento centralizzato, tempestivo e coerente di ricerca e soccorso, tragedie come quelle di giovedì scorso sono le conseguenze da portare collettivamente sulla coscienza.
Per alcuni anni, l’intervento delle navi di soccorso civile è stato accolto con riconoscenza dalle autorità italiane ed europee, con le quali abbiamo collaborato in modo continuativo ed efficace per ridurre la mortalità nel Mediterraneo. Poi le cose sono cambiate: i governi hanno ritirato le loro navi e cessato di coordinare i soccorsi. Le persone, invece che essere soccorse e condotte in un porto sicuro, come vorrebbe la normativa marittima internazionale, hanno iniziato ad essere riportate dalle autorità libiche in Libia, dove sono vittime di detenzioni arbitrarie, violenze e abusi di ogni genere ampiamente documentati. Contestualmente, le Ong sono diventate oggetto di una feroce campagna di delegittimizzazione e criminalizzazione.
Come ribadito dalla stessa Commissaria europea Von der Leyen, “il soccorso in mare non è un optional”, bensì un preciso obbligo degli Stati, un obbligo giuridico, quindi, oltre che morale. Come Ong siamo in mare a colmare un vuoto, ma saremmo pronte a farci da parte se l’Europa istituisse un efficace meccanismo istituzionale e coordinato di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di soccorrere persone in mare.
Signor presidente, le chiediamo un incontro in cui discutere quali iniziative concrete possano essere assunte dal suo governo, coinvolgendo l’Europa, per garantire interventi coordinati e tempestivi di soccorso, affinché salvare vite umane torni ad essere una priorità e inaccettabili tragedie come i naufragi di questi giorni non si ripetano mai più.
Alarm Phone, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea Watch, Sos Mediterranee