di Mauro Seminara
Nel corso della notte, nelle prime ore del primo maggio, ha avuto inizio la raffica di arrivi di persone migranti a Lampedusa. Dodici ore più tardi, all’ora di pranzo, sull’isola erano sbarcate 750 persone che, fatta eccezione per il primo arrivo, sono partite tutte dalla Libia. Questo è il sintomo di una condizione disastrosa vigente in quei Paesi dell’Africa – e non solo – in cui insistono gli interessi economici dei Paesi ricchi europei e non solo della vecchia Europa. Condizioni che spingono le persone ad abbandonare casa e migrare. Ma questo rapido quanto intenso flusso migratorio, che deve tenere conto per la sua reale entità anche dei respingimenti operati dai libici fino al punto di partenza e dei soccorsi effettuati da nave Comandante Foscari della Marina Militare italiana e dalle navi ONG Ocean Viking e Sea Watch 4, è anche il frutto di una situazione in Libia che l’Unione europea vuole ostinatamente spacciare per buona ai fini del contenimento dei flussi migratori e che invece è palesemente un contesto di traffici, mafie, maltrattamenti finalizzati alle estorsioni ed incapacità di gestire una così vasta area SAR (ricerca e soccorso).
La prima imbarcazione è approdata a Lampedusa con a bordo 58 persone. Tra loro anche 25 donne e quattro minori, le cui nazionalità erano miste tra Camerun, Guinea Konakry e Costa d’Avorio oltre qualche tunisino. Ma il porto di partenza non era libico. Questo gruppo di migranti aveva preso il mare dalla Tunisia. Dopo questo primo arrivo in acque territoriali italiane è stata una sequenza serrata con anche un evidente crescendo numerico. La seconda barca arrivata nelle immediate vicinanze di Lampedusa aveva a bordo 85 persone. Queste erano partite dalla Libia, da uno dei noti porti dei trafficanti: Zuwarah. A bordo c’erano disperati del Bangladesh, nazionalità molto presente in Libia tra lavoratori e sequestrati, ma anche persone che migravano per la seconda volta e in origine provenienti dall’Algeria. Inoltre, a dimostrazione che la Libia non è un Paese in cui si possono respingere persone o cui affidare la vita di chi tenta di abbandonarne i confini, tra le persone di questo secondo sbarco c’erano anche cittadini libici.
Il terzo arrivo è stato uno sbarco di più motovedette, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, perché il numero era parecchio elevato. Un gruppo unico di 285 persone partite anch’esse da Zuwarah, in Libia. A bordo c’era di tutto tra le nazionalità di origine: Eritrea, Siria, Egitto, Sudan, Camerun, Marocco, Algeria e pure Bangladesh. Soltanto due le donne, in mezzo a 251 uomini e con trenta minori senza familiari adulti al seguito. A Lampedusa è ancora notte e la situazione è già difficile. Le autorità però sanno cosa c’è all’orizzonte, i velivoli Frontex, e non solo quelli, girano come avvoltoi sul Mediterraneo centrale per ore ed ore dandosi il cambio e quelle imbarcazioni che le motovedette attendono in dirittura d’arrivo, in acque territoriali, senza che venga loro prestato soccorso in acque internazionali dove erano state avvistate, sono già contate e attese. Tanto che anche una delle note faraoniche ed inutili navi quarantena viene spostata dal porto di Augusta allo scalo alternativo di Lampedusa dove arriva prima delle altre barche di migranti. Si tratta della GNV Allegra, partita già la sera del 30 aprile dal porto siciliano in provincia di Siracusa.
Dopo il più massiccio tra gli arrivi della giornata del primo maggio, a Lampedusa seguono altre barche, rispettivamente in ordine di arrivo con 75, 95, 100, e 51 persone a bordo. Alla fine della sequenza di imbarcazioni migranti partite dalla Libia, a Lampedusa il bilancio sarà di 750 persone in circa 12 ore. L’assetto dell’isola nel frattempo era già cambiato e tra velivoli DEA in assetto Frontex, motovedette cui si aggiungono anonimi superveloci intercettori della stessa agenzia europea e la nave quarantena finalmente nelle vicinanze ma relativamente utile, Lampedusa sembra prepararsi a fronteggiare quello che al netto delle visite in Libia del ministro degli Esteri italiano, di quello degli Interni e del capo dello stesso Governo, appare in tutta la sua evidenza il fallimento delle politiche di gestione dei flussi migratori irregolari. Le partenze non possono essere contenute, i naufragi non possono essere evitati se le imbarcazioni non vengono soccorse, e la Libia non può essere considerato un partner affidabile cui fornire motovedette e supporto tecnico, perché se poi c’è mare mosso lascia morire le persone in mare. Perché si sa: le persone si possono soccorrere solo se il mare è calmo, non quando sono in pericolo.