di Mauro Seminara
Sul grosso peschereccio d’altura in ferro c’erano 475 persone, secondo la prima conta dei migranti trasbordati e poi sbarcati dalle motovedette a Lampedusa. Il loro Caronte era alla deriva a circa tre miglia da Lampedusa quando sono intervenute le motovedette della Guardia Costiera per trasbordare i quasi cinquecento migranti che lo occupavano. Un enorme pericolo galleggiante, non governando l’imbarcazione, pare per un’avaria, con addosso centinaia di persone che potevano involontariamente far capovolgere il peschereccio. La distanza di tre miglia dalla costa è stata definita da un lancio d’agenzia (Ansa) e non da un comunicato stampa della Guardia Costiera che, come noto, ormai parla solo di auto elettriche e balenotteri ma tace anche di fronte a richieste di informazioni su un naufragio costato la vita a 130 persone.
A Lampedusa le operazioni seguono un criterio caotico di sbarco e trasferimenti che sembrano una imprevista condizione di emergenza invece che quello che dovrebbe essere un sistema rodato da oltre venti anni di esperienza. Attraccata al porto commerciale c’è la nave traghetto che collega le Pelagie alla Sicilia in regime di continuità territoriale. Sulla stessa banchina su cui poggia il ponte carrabile della nave sbarcano intanto centinaia di migranti dalle motovedette della Guardia Costiera coordinate dal comandante della Capitaneria di Porto di Lampedusa che offre così caos, lamentele dei lampedusani ed offre anche il fianco alle inevitabili dirette social leghiste urlanti “invasione!” (foto in basso). Questo è ormai il criterio, il modus operandi istituzionale italiano, con i giornalisti che sanno acquisire e fornire notizie tenuti alla larga, talvolta con abusi di potere, da quelle stesse scene di cronaca poi offerte alle dirette social di commentatori improvvisati, propagatori di false notizie e galoppini di partito che strumentalizzano ogni cosa abusando dell’ignoranza o della buonafede dei loro tristi spettatori.
Gli arrivi di migranti a Lampedusa non si è arrestato con l’approdo dei 475 trasbordati dal grosso peschereccio alla deriva che prima di fermarsi aveva navigato senza incontrare soccorritori dalla Libia fino a Lampedusa. Per l’esattezza, sia il barcone con 321 persone giunto alle quattro della notte che quello ancor più gremito con 475 migranti erano partiti da Zuwarah, porto libico ed enclave di trafficanti che dettano legge sia sul “governo” di Tripoli che su quello italiano. E senza assetti statali in mare, con le navi Ong ferme per la mai conclusa guerra italiana agli interventi umanitari, e dopo che una motovedetta donata dall’Italia alla Libia ed armata dai libici malgrado la si chiami “guardia costiera” che ha sparato su pescatori italiani, i trafficanti di Zuwarah pare possano stabilire se e come si devono svolgere i rapporti diplomatici dopo l’incidente della sparatoria ai pescherecci di Mazara del Vallo. Sembra quindi un cosiddetto “pizzino” dalla Libia, o dalle milizie che compongono quella che a Roma chiamano “guardia costiera” e con cui il premier italiano si congratula, che lascia presagire l’ennesimo fallimento tricolore come per i casi Regeni, Zaki, dei due marò e chissà quanti altri in cui il governo italiano ha incassato il colpo (in questo caso di arma da fuoco) senza battere ciglio. Magari ringraziando l’affidabile partner libico.
Dopo il peschereccio sono arrivati a Lampedusa altri 97 migranti, poi altri 80 circa ed a seguire un altro gruppo di 16 ed uno di circa 40. Prima di arrivare a 12 ore dal primo sbarco, quello dei 321, a Lampedusa erano già approdate 1.228 persone mandando in tilt la Guardia Costiera con tre motovedette operative ed un comandante forse poco convinto, l’ente gestore del centro di prima accoglienza che non dispone di un autoparco con pullman da 60 posti, le forze dell’ordine che operano al centro di prima accoglienza che devono perquisire ogni migrante ed anche la polizia scientifica che li deve fotosegnalare e deve prendere di ognuno le impronte digitali, ed anche l’Azienda Sanitaria Provinciale che scarseggia in ambulanze e personale e deve garantire il triage di ogni persona migrante sbarcata sull’isola. Infine, dell’intera corposa flotta di navi quarantena da milionario appalto di Stato, a Lampedusa non se ne trova neanche una ed il centro di prima accoglienza – la cui capienza è ridotta come ormai documentato da anni – la situazione è di iper-affollamento e pertanto la struttura è adesso un pericolosissimo potenziale focolaio Covid-19.
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