di Mauro Seminara
“Una decisione inquietante sul caso Gregoretti che mette in crisi lo Stato di diritto perché afferma che esiste un area di discrezionalità politica, esercitata in questo caso limitando la libertà personale per ottenere la redistribuzione in Europa, sottratta a qualsiasi controllo giurisdizionale”. Questo è parte del commento pubblicato dal giurista dell’Università di Palermo, il professor Fulvio Vassallo Paleologo, appresa la notizia del non luogo a procedere deciso a Catania nei confronti del senatore Salvini sul caso Gregoretti. Il giurista, con lo stesso commento, spiega meglio il concetto rivelando le insidie di tale esito, le gravi conseguenze che possono produrre in futuro. “Come se oggi si fosse dichiarata la inapplicabilità dell’art. 13 della Costituzione italiana che stabilisce il principio di legalità e la riserva di giurisdizione in favore di tutte le persone private della libertà personale. Oggi tocca ai migranti ostaggio di una trattativa politica con l’Unione Europea, domani potrebbe toccare a qualsiasi cittadino italiano vittima di una ‘scelta politica’ di un ministro dell’interno”.
La decisione del giudice per le udienze preliminari di Catania, Nunzio Sarpietro, in realtà non coglie alla sprovvista chi questo procedimento lo aveva seguito con opportuna attenzione. Un procedimento fin dal primo momento caratterizzato da una spiccata singolarità, tale da essere apparso come una fase dibattimentale più che una udienza preliminare che avrebbe dovuto solo decidere se i rilievi del Tribunale dei ministri trovavano giusto nullaosta per il rinvio a giudizio. Il giudice Nunzio Sarpietro ha invece trasformato una “Udienza preliminare” in una sorta di processo, con l’accusato che si riteneva pubblicamente “sotto processo” ed i giornali, ben allineati, che anch’essi titolavano di “processo a Salvini”. Perfino oggi, dopo la decisione del giudice, qualcuno ha avuto il coraggio di titolare “Nave Gregoretti, il giudice assolve Salvini”. Ma per assolvere una persona bisogna processarla, mentre a Catania processo non ce n’è stato. Di converso, la sequenza di audizioni del giudice Sarpietro che ha voluto ascoltare l’allora premier Giuseppe Conte e quattro tra attuali e precedenti ministri come fosse un processo con testimoni chiamati al banco, ha fatto si che anche a Palermo, per il parallelo procedimento sul caso quasi analogo “Open Arms”, la difesa di Salvini chiamava ripetutamente in causa quanto stava accadendo a Catania con il “caso Gregoretti”.
Dopo la decisione del giudice per le udienze preliminari di Palermo di rinviare a giudizio il senatore Salvini per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, in punto stampa all’aula bunker di Palermo il senatore e la sua legale avvocato Giulia Bongiorno hanno sottolineato la “anomala” differenza tra Catania e Palermo, con la Procura etnea che chiedeva il non luogo a procedere e quella del capoluogo di regione che chiedeva il rinvio a giudizio. “Processo a tutti gli effetti” lo ha infatti definito soddisfatta l’avvocato Giulia Bongiorno dopo la decisione del giudice Sarpietro; la stessa che ha sempre definito le udienze preliminari come “udienze filtro” e che sa bene non essere questa la sede per l’assoluzione di un accusato il cui rinvio a giudizio è stato chiesto dal Tribunale dei ministri ed accordato, con autorizzazione a procedere, dall’aula del Senato.
Una chiara idea sulla conseguente strumentalizzazioni delle differenze tra Catania e Palermo se l’è già fatta l’avvocato Corrado Giuliano, legale di parte civile per la costituita “AccoglieRete”, che in punto stampa dopo la decisione del Gup Sarpietro ha dichiarato: “È un vulnus per la Giustizia di questo Paese; questa decisione sicuramente contrasta con quella di Palermo, quindi considerate dal punto di vista dell’opinione pubblica quale affidamento si farà ancora su questa magistratura che da una parte rinvia a giudizio e dall’altra proscioglie. Salvini sicuramente di questo ne farà uno strumento della sua propaganda”. Ed infatti sull’account Twitter di Salvini appare il post fissato (quindi sempre visibile come primo tweet) che recita: “Catania, il giudice ha deciso: NO AL PROCESSO perché il fatto non sussiste!”. E di sponda anche la leader di Fratelli d’Italia cavalca la decisione in favore dell’alleato leghista con questa frase in un suo tweet: “Con la sentenza di non luogo a procedere sul caso #Gregoretti viene sancito che non c’è stato sequestro di persona e l’allora Ministro dell’Interno ha solo adempiuto al suo dovere: difendere i confini”. In qualche modo l’udienza preliminare era diventata un dibattimento e il proscioglimento sembra adesso una assoluzione. Termini tecnici che ben distinguono la realtà di quanto accaduto, ma che probabilmente non significano nulla per l’elettorato dell’accusato Salvini e della dama del “blocco navale” Meloni. Nel frattempo, al termine di questa pericolosa pagina di “giustizia” italiana, dalle parti civili arriva l’annuncio di richiesta impugnativa alla Procura generale di Catania. Forse il caso Gregoretti per Matteo Salvini non è ancora finito.