di Mauro Seminara
Lampedusa dovrebbe credere che le politiche securitarie alla base degli accordi con il governo della Tunisia ed una imprecisata parte di una porzione libica dovrebbero frenare gli arrivi, ma le dichiarazioni del governo italiano trovano immediata risposta con la sequenza “apripista” di imbarcazioni tunisine che la raggiungono già ieri notte. La prima barca arriva alle tre di notte, orario approssimativo dell’ingresso in porto della motovedetta che li ha intercettati sotto costa e poi sbarcati al solito molo militarizzato dell’isola. A bordo ci sono 12 testimoni del fatto che le ragioni della partenza sono più forti delle barriere. Sul barchino trovavano infatti posto, in mezzo alla dozzina di disperati harragas tunisini, anche una donna, una ragazza, un ragazzino e due bambini. Sono quei migranti invisibili più invisibili degli altri, perché ai razzisti piace vedere e commentare giovani aitanti con lo smartphone – senza sapere cosa può essere costato custodire e proteggere quello smartphone dai trafficanti – e non certo i nuclei familiari con donne e bambini che talvolta diventano i più agghiaccianti corpi per la nutrizione dei pesci.
Secondo sbarco
Sono passate le nove del mattino quando la motovedetta della Guardia di Finanza classe “Corrubìa” entra in porto, a Lampedusa, con 25 persone a bordo ed un barchino di legno al traino. Sono tutti tunisini, come nel precedente arrivo, e tra loro ci sono anche diversi minori. Si tratta della prima operazione diurna al molo Favarolo, ma non dell’ultima. Mentre sulla banchina riservata alle operazioni di sbarco dalle motovedette, interdetta alla stampa, approdano le persone del secondo gruppo di migranti che in autonomia aveva raggiunto le acque territoriali italiane dove ha poi incontrato la Guardia di Finanza, al largo di Lampedusa ci sono altri cosiddetti “target” e altre motovedette stanno già intervenendo o attendono che le barche migranti varchino l’invisibile soglia del confine nazionale.
Terzo sbarco
Questa volta è la Guardia Costiera ad entrare in porto con persone migranti a bordo. È mezzogiorno e sulla motovedetta SAR d’altura classe 300 ci sono 43 persone di nazionalità tunisina tra le quali anche cinque donne ed una ventina di minori. Lampedusa è così al terzo sbarco del giorno, dopo una breve sosta del flusso migratorio, e al centro di prima accoglienza si stanno già accompagnando ottanta persone partite dalla vicina Tunisia e di nazionalità tunisina.
Quarto sbarco
Sono le tre del pomeriggio, dodici ore dopo il primo sbarco della giornata a Lampedusa, e con la motovedetta della Guardia di Finanza arriva in porto il proseguo del flusso migratorio tunisino. A bordo del pattugliatore d’altura delle Fiamme Gialle ci sono altre 46 persone, tutte di nazionalità tunisina e tra esse anche due donne. A questo punto sono oltre centoventi i migranti accompagnati nella struttura di prima accoglienza dell’isola, altre barche sono nelle vicinanze e l’isola ha già pronte due cosiddette “navi quarantena” delle quali una attraccata allo scalo alternativo di Cala Pisana (la “GNV Atlas”) e l’altra in arrivo ed a breve distanza dalla stessa costa est pelagica (la “GNV Azzurra”). Tra il molo Favarolo e gli ambienti adibiti a zona perquisizioni e fotosegnalamento del centro di prima accoglienza è un viavai continuo.
Quinto sbarco
A Lampedusa è già ora di cena, sono da poco trascorse le venti ed il molo Favarolo è di nuovo operativo con un’altra motovedetta della Guardia Costiera che si presenta al dispositivo che opera a terra con altri 18 migranti di nazionalità tunisina. Sulla banchina ci sono i medici dell’ASP e la Polizia, gli operatori dell’UNHCR e quelli di Frontex, gli autisti ed operatori dell’ente gestore del centro di accoglienza ed i volontari del Forum Lampedusa Solidale che offre un benvenuto agli smarriti nuovi arrivati in mezzo al trambusto “militare” dello sbarco. E gli ultimi arrivati sono 18 uomini che stanno per chiudere il flusso di queste 24 ore di sbarchi sull’isola. A breve ci sarà anche il sesto ed ultimo sbarco.
Sesto sbarco
L’ultimo sbarco della giornata migratorio di cui Lampedusa è teatro viene registrato appena mezz’ora dopo il precedente. Sono le nove di sera e questa volta è la Guardia di Finanza a condurre in porto altri 18 migranti di nazionalità tunisina. Stesso numero di persone a bordo ma diversa composizione. Su quest’ultimo barchino fermati dal reparto aeronavale delle Fiamme Gialle ci sono infatti anche due donne, un bambino di nove anni ed uno di sei. Piccoli migranti, loro malgrado, che si trovano attorniati da forze dell’ordine e medici e tante altre persone che dicono loro cosa fare, dove andare, in quel luogo sconosciuto che rappresenta il primo passo di un futuro incerto. Alla fine della giornata sono 162 le persone arrivate a Lampedusa attraverso l’unico canale, irregolare, con cui potersi lasciare alle spalle la crisi economica e sociale della loro patria per tentare una nuova vita. Per molti di loro è però previsto il rimpatrio dopo un periodo di isolamento a bordo di una delle navi quarantena della faraonica flotta noleggiata dal governo italiano. Sfuggiranno a questo destino forse solo i minori non accompagnati, ma per gli altri si materializzeranno le porte chiuse di un’Europa che dalla Tunisia vuole solo contenimento partenze, delocalizzazione imprese nazionali a basso costo, magari anche un campo profughi come quello greco ma fuori dai confini dell’Unione europea. Le sei barche tunisine però erano solo gli arrivi dalla costa più vicina. Dietro c’erano le barche di profughi provenienti dalla Libia che approderanno qualche ora più tardi.
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