di Mauro Seminara
Breve finestra meteo solo in apparenza favorevole alle traversate di quelli che un tempo la stampa definiva “viaggi della speranza” e che adesso sono solo motivo di “minaccia per i confini nazionali”. Un’apertura di quelle che di solito causano naufragi, proprio per la repentina variazione meteorologica in quel tratto di mare che separa la costa nordafricana dall’isola italiana di Lampedusa, e subito sono partite quelle cosiddette “minacce per la sovranità nazionale italiana”. Tra queste, forse la più minacciosa, se non per i confini nazionali certamente per la propaganda sui confini nazionali, è un bebè approdato sulla maggiore delle Pelagie questa mattina dopo il consueto trasbordo dalla pericolosa barca di fortuna approntata dai trafficanti libici alla motovedetta della Guardia Costiera che ormai da anni nega interventi SAR (ricerca e soccorso) pur valutando assolutamente necessario mettere in sicurezza le persone intercettate in mare. La solita logica inesistente che fa a cazzotti con i requisiti minimi richiesti, o pretesi, ai soccorritori Ong “colpevoli” di prendere a bordo troppi naufraghi perché questi sarebbero poi in pericolo come lo sono le carrette di legno sulle quali i trafficanti imbarcano esseri umani come fossero formiche su un formicaio.
A bordo dell’imbarcazione che la Guardia Costiera ha messo in sicurezza con un trasbordo – di cui probabilmente non darà mai notizia alla stampa – c’erano infatti 88 persone, partite dalla Libia e sfuggite alla cattura da parte delle motovedette che un tempo furono italiane e che in tempi più recenti hanno sparato agli italiani. Un barchino gremito, a bordo del quale si trovavano anche sei donne oltre al neonato. La motovedetta SAR d’altura “CP-324” della Guardia Costiera che questa mattina, alle sette, ha fatto ingresso in porto con i profughi partiti dalla Libia non rappresenta il primo approdo di migranti a Lampedusa dopo la sosta obbligata dal meteo. Ieri sera, intorno alle nove, sulla banchina del molo Favarolo hanno messo piede 25 migranti partiti dalla più vicina Tunisia. Tra loro anche due donne e 3 minori. Nel frattempo la sedicente guardia costiera libica si adopera per tenere fede al patto con l’Italia fermando le imbarcazioni segnalate anche e soprattutto dai velivoli Frontex e riportarle al porto di partenza.